SABATO NOTTE

Forse solo il lucido delirio post-agenzia, ma ti sento. Rivedo e reindosso il tuo sguardo. Di un sabato sera post moderno. Nelle vene, le tue, sintesi narcotiche euforizzanti. Sulla pelle, la tua, un’essenza fra il dolce ed il talcato. La tua pelle: approfittando impunemente del frastuono, l’ho annusata almeno una dozzina di volte. Con la tua complicità di chi, quasi incredulo, vedeva ventilare sotto ai propri occhi la possibilità di tale improvvisa occasione femminea. Respirando una piccola parte di te. Non so di preciso come. Ti sei avvicinato. Ed io a mia volta. Ho solo deciso di mischiare la mia aura alla tua. Il tuo bel faccino, che forse è solo un’illusione allucinatoria feromonico-alcolica.

La prima volta che ti ho visto sei stato il primo con cui ho parlato. Sospeso, indefinito: agli occhi ingenui della sottoscritta, che pensava al più di suscitarti indifferenza. Ingenua: era soggezione. In fondo non credo che importi tanto il perché o il per come. Parlano gli accadimenti. Quelli costituiscono la sostanza. Qualcuno mi ha detto che nella bolgia infernale dai soffitti bassi e dalle pareti scarlatte in cui eravamo immersi, sospinti da madidi aliti etilici e propulsioni sonore pulsanti, mi hai cercato con lo sguardo. Nere creature che si aggiravano per questo spazio a guisa di gabbia di zoo contemporaneo, per anime simili alla ricerca di emozioni sostanziali ed erratiche. Fiutandosi con gli occhi.
Torni a salutarmi. Fumiamo. Perdi sangue da un labbro. Menomale.
C’è un frangente per ogni incrocio di anime inquiete.

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