POSTO FINESTRINO, Parte IV

Descrizioni più plastiche e fervide necessitano di emergere. Partorite alla luce neon di questo treno, che per sua costituzione è vagamente asettica. Vagamente, perché qualsiasi altra connotazione in un verso o nell'altro la definirebbe meglio, e quindi perderebbe l’indifferenza sorda che la contraddistingue e ne fa il suo tratto distintivo.

Martedì sera. Aprile credo. Duemilaesette ne sono certa.
Forse la prima volta che una data compare su questo, non ho ancora capito come definirlo, riflessario. Un palcoscenico per l’anima e le sue vertenze. Stazione di Porta Garibaldi: su un treno per tornare a casa. Musica elettrominimal berlinese a tuono nelle orecchie; una forte imperlazione effervescente primaverile riveste le mie cellule. O come direbbe mio fratello, ho un odore selvatico. Alla mia destra

POSTO FINESTRINO, Parte III

Resta comunque la questione irrisolta, e forse per questo così profonda o quantomeno così sentita, del perché non sia stato.

Certe cose non iniziano, solamente perché non devono.

L’esperienza insegna: so quanto c’è da dare e quanto c’è da prendere. Ma fortunatamente cado in evidenti contraddizioni proprio perché sono un essere umano. Non posso negare che la terra non ha tremato: ma solo perché ci ero così saldamente ancorata per non volerne percepire la scossa. So che invero ha oscillato eccome. Il cuore batteva. L’ho sentito. L’ho sentito quando me lo sono trovata di fronte, anche se il suo arrivo mi era stato preannunciato. Una mano nello sterno l’hai infilata. Non ci hai strappato fuori nulla, per ora. Ma almeno sei entrato.

POSTO FINESTRINO, Parte II

Rieccoci su questo veicolo catartico che pare essere il treno. Un veicolo dall’inconscio al conscio. No, questa è l’ennesima cazzata: talune cose conscie lo sono sempre state, ora hai avuto il coraggio di ammetterle a te stessa, che poi è la cosa più difficile. Grazie ancora a lui. Ma quante cose ti sta permettendo di comprendere. Ammissioni talmente difficili che non hai quasi nemmeno il coraggio di scriverle. [Perché questa sera hanno tutti su gli occhiali da sole? È il 30 gennaio e seono le otto meno venti di sera. Giusto per contestualizzare.] Ammettere che ne ha un po’ pieni i coglioni di stare da sola: sette anni di duelli in solitaria. Che fatica ammettere tutto questo. Potrebbe anche incrinare il tuo scudo: e sai bene che una fessura nella corazza potrebbe anche sgretolare tutta l’armatura.

POSTO FINESTRINO, Parte I

Perché una notte riesce a smuovere più di quanto alcune persone riescono a concepire, e a fare, in un’intera esistenza.

Il vero problema non è tanto la morte, quanto la vita.

È di un’evidenza imbarazzante, ma ti piace, forse inconsciamente, quasi a livello di godimento, fracellartici la testa. E quanto copiosamente gocciola il sangue in terra: vuoi proprio lasciare scia e segno. È altresì innegabile e palpabile il marchio a fuoco che talune notti riescono ad imprimere nella tua anima: dei veri e propri solchi. Perché a te non frega un cazzo della tranquillità: quasi ti fa schifo. Azzarderei addirittura che ti terrorizza. La serenità preferisci lasciarla ad altri, a quelli che vengono definiti esseri umani.

INTERMEZZO

Tu che la pazienza non immagini nemmeno che forma possa avere, figuriamoci se ne conosci la sostanza.

ME VOI

Ti ho sognato Luca questa notte. Da quel prima sommesso ricordo, solo un’aura rimastami adesa indosso, è poi emersa una definizione quasi tridimensionale. È stato meraviglioso poterti riabbracciare. Il calore e la consistenza del tuo corpo. Hai aperto le braccia, facendomi cenno di venire a te. Ed è anche il contatto con la tua carne, che mi manca. Mai ci avrei pensato, perché l’ipotesi non era nemmeno lontanamente contemplabile. In un abbraccio sentito, ho potuto schiudermi a te, che mi stavi venendo incontro. Splendido poterti stringere.

Dato che nel sogno eravamo nudi, ho potuto prendere atto del bel fisico che celavi sotto quei cazzo di vestiti che non hai mai voluto toglierti davanti a me. O meglio, con me. Anche se discinti, in questo viaggio onirico, non c’è stato contatto sessuale. Del resto come nella realtà. Sarai sempre con me, a fianco al due di picche secco che mi mollasti una sera.

Ci scherzo, ma lo sai: serve ad ammorbidire la tua dipartita.
È stato stupendo, poterti toccare nuovamente. Ciao Luca.

ZITA E ZITO

Non è facile, cercare di descrivere ciò che ho provato oggi. E che da sempre ho provato con te R.. Mi chiedo quanto il nostro rapporto sia la proiezione di due borders narcotizzati, assuefatti ed eccitati dalla loro stessa neurochimica deviata e deviante. Assuefatti al fine di ricercare emozioni sempre più forti, alla stregua di quelle che siamo in grado di donare l’uno all'altro. Di un tempo e di uno spazio che non hanno mai costituito un problema all'interno della nostra relazione: abbiamo lasciato l’altro libero di costruirsi una vita da condividere. Agli occhi dei più inconcepibile, ai nostri un semplice assunto incontrovertibile.
Ma si può descrivere un emozione dalle tinte così profonde da sembrare lava che scorre nelle viscere della terra? Un’emozione che sembra appartenerti da secoli? Spariamo dalle reciproche esistenze per mesi: pur sapendo esattamente cosa l’altro sta facendo. Senza gelosia di sorta: atteggiamento di chi sa che nessuno può portarti via ciò che ti è stato predestinato. A parte la tua perché sei siciliano. E quando ci incontriamo nuovamente è come se fossero passati appena un paio di giorni.

Non mi spaventa la sicurezza e la convinzione, vere oltretutto, che ostenti dicendomi che sono la tua sposa promessa e che nulla può dividerci; che mi piaccia o meno.
Mi spaventa solo il fatto che tu possa avere ragione.

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A ignoto X

Mi chiedo, quale meraviglia, e al contempo terrore, sia essere in mezzo all'oceano nel cuore della notte. Buio pesto. La forza dell'universo sopra e quella della terra sotto di te. Acqua a perdita d'occhio. Acqua nera, cosmogonica. Terreno fertile per germogli Zen. Quale meravigliosa esperienza hai avuto la fortuna di poter vivere. L'hai voluta veramente, ed è arrivata. Splendido.

So dell'acqua: mi rigenero con essa, ed io quello sono. So del fuoco: tormenta le mie viscere e brucia la mia anima. La notte, mi sveglio in un lago di sudore. Madida. Incredibilmente viva e pulsante. Una notte ho sentito il mio stesso ardore: così vicino al volto da sentirmi scottare. Sublimato per sortilegio in energia e passione. Sono felicissima di sapere che stai bene. Un abbraccio serrato.

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A ignoto X

Dolcezza, come vedi, le mie riflessioni continuano: talvolta, risucchiata letteralmente nei miei pensieri, mi sembra quasi di non stare vivendo. Di non stare godendo di quello che ho. Che a quanto pare, sembra non essere poco. Talvolta vivo con il peso della consapevolezza di potenzialità inespresse. Talvolta riemergo da questo baratro che sembra non avere fine e sembra avere pareti così sdrucciolevoli. Tutto cambia, tutto al contempo mi sembra resti immobile. Non so dove possa essere la soluzione. Cerco instancabilmente la luce. Ci sono tante cose che mi turbano. È un saliscendi continuo, in bilico tra equilibri assolutamente precari.

Continuo con i miei studi e le mie ricerche a cui fortunatamente si aggiunge sporadicamente qualche lavoretto extra.

A dispetto della mia solita visione aberrata, credo vada tutto molto bene.

Ma questo segno di terra, con un’anima d’aria, non può che essere tormentato. Forse per questa ragione, per questa tensione di forze antitetiche, così esacerbato ed effervescente.

Forse l’approccio dovrebbe essere semplicemente un po’ Zen. Tutto accade. E se non accade ora, è perché qualcosa di meglio ti sta aspettando. Non è rassegnazione o contemplazione. Sono le vicende che parlano da sé.