EPISTOLARIO METROPOLITANO - A ignoto A.

A.!

Pochissimo tempo per scriverti due righe, dato che, come al solito, è da mo' che voglio farlo, e che, come al solito, il tempo mi scivola di mano.

News: molte a livello di evoluzione personale; l'eviscerazione, come ben sai, dona frutti maturi e zuccherini. Meditazioni decisamente spontanee che mi trasportano al fianco di persone conosciute e non. Fiori di Bach che smuovono, lasciano andare e sciolgono la pietra. In più, ho iniziato a studiare la chiromanzia, divinazione per cui da quando ho memoria ho sempre provato innato interesse. Oltre ad una semplicità di assimilazione disarmante. A questo ho aggiunto anche lo studio approfondito della retorica e del sofismo. Nel frattempo ho letto anche di reincarnazione, di linguaggio del corpo in

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A ignoto A.

A., temo di starmi già rompendo i coglioni. Lavorativamente parlando intendo. Anche questa cosa dovrò affrontare, preferibilmente prima dell'età pensionabile. Di certo c'è che non puoi aspettare la svolta, e nel frattempo cuocere cotechini: non facendo Onassis di cognome, la cosa risulta un po' improponibile. Poi, se vogliamo applicare le conoscenze e le consapevolezze acquisite, bisognerebbe contemplare anche tutte queste cazzo di marchette, sapendo che ti condurranno verso ciò che vuoi. Ciò che vuoi che arriverà, facendo tremare la terra con scosse sismiche abissali. Certo, è presto: è passata appena una settimana. Lo so, sto imparando, non voglio avere fretta. Anche se la cosa mi da molto fastidio. Il non avere fretta intendo.

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A ignoto A.

A.. Duemilasei, periodo di cambiamenti quasi epocali. Di quelli che forse, non realizzi immediatamente, tanto vasta ne è la portata. Ciononostante con una perenne insoddisfazione di fondo: logorante. Talvolta sopita da un rientro alla realtà come protezione della specie.

Fine settembre: vado in vacanza a Santo Domingo con mia sorella, e scopro sensazioni mai provate, consapevolezze che per incanto si trasformano in energia e ridanno linfa vitale a quanto massacrato per anni. Riprendo vita. Riprendo forma. Riprendo sostanza. Fiorisco. La terra si rivela fertile. Fertilissima. Svolta. La svolta.

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A ignoto T.

T., credo che nulla succeda per caso. Sempre con il senno di poi, si ricompongono tasselli che all'inizio sembrano sconnessi. Fa tutto parte di un disegno preciso; l'abilità che cresce con il tempo e con l'osservazione, dovrebbe portare a decodificarne il significato prima che il quadro sia completo. Così da avanzare più velocemente.

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A ignoto A.

A. carissimo, ho un’altra news: vuoi ridere?

Sono disoccupata. L'agenzia stava fallendo e hanno deciso di lasciarmi a casa. Un bel fendente nel centro della schiena, generosamente elargito da tre marchettare incapaci di gestire l’agenzia che avevano aperto, poiché la vera propensione è verso il meretricio. Predisposizione d’animo che andrebbe assecondata, ma gratuitamente, vista la presenza insignificante se non addirittura tediante. Colpo attuttito questa volta, dal mio kimono d'oro che striscia fino ai piedi, e dalle mille pietre turchesi e violacee che ricoprono il mio corpo e le mie vesti. Ho iniziato a fare meditazione. Mi sono ritrovata vicino ad un fuoco in riva ad un lago, sotto una luna bianchissima. E la notte, sono venuti a trovarmi parenti che da tanto non vedevo. Abbiamo anche scherzato, mi hanno chiamato la "mulatta" (ci può stare: frutto dell'incrocio tra una triestina ed un salernitano).

Nel frattempo spedisco CV a nastro.

E cerco di non incazzarmi.

Non è facile, proprio per un cazzo.

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A Isadora

Ciao I.!

Ferie finite, pare. Anche se non sono, purtroppo, andata via, sono riuscita almeno a dedicare del tempo a me stessa. Almeno all'apparenza. Cercando di fare spazio mentalmente, senza l'incedere inclemente del solito vortice di pensieri che turba la mia esistenza. Che poi, forse, sono la mia forza creativa. O forse anche no. Sta di fatto che così è, quantomeno per ora.

Quindi spazio per andare a prendere il sole, per girare in bici, per vedere gli amici, per fare tardi la sera, per leggere, per fare tutto fuorché stare ferma a fare nulla, cosa che potrebbe portarmi alla follia in un tempo decisamente irrisorio.

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A Gloria

G. carissima.

Mi piace. Mi piace mettere sudore, sangue e passione in quello che faccio. Mi piace che abbiano riconosciuto un talento ed abbiano avuto il coraggio di accoglierlo. Mi piace che il tempo si ferma mentre faccio uno scatto fotografico e che in quel momento ci siamo solo io, la macchina e l'anima di quello che sto fotografando. Mi piace che il sabato notte, anziché andare a ballare, sono davanti al Mac a dare vita ad un nuovo marchio. Mi piace che alle tre di notte lo guardo, è splendido, ma non è ancora perfetto. Mi piace che il giorno dopo, aggiungendo un dettaglio raggiunge la perfezione e con il colore inizia a respirare. Mi piace sentire l'energia fluire dal mio corpo, in una sinergia splendida

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A Davide

D. carissimo, la tua è una domanda che vale un'intera esistenza.
Mi chiedi che cosa mi faccia prendere il volo.

Tutto e niente. Da vergine maledetta è estremamente difficile staccare i piedi da questa terra, dall'obiettività che devo cercare di mantenere al fine di avere sotto controllo tutte le variabili in gioco. Infinite. E che si traduce in un gioco al massacro di deprivazione. Ma poi, perché c'è sempre un ma, sopraggiunge di prepotenza l'istinto di sopravvivenza che mi prende e mi sradica da quel terreno a cui, mio malgrado, mi sono volontariamente ancorata.

Non lo chiamo volo. Sento come un calore che parte dal plesso solare e si irradia lungo le braccia. E arriva quando mi rendo conto di tutto quello che io sono. Quando consegno un lavoro e ho i complimenti del cliente. Quando quello che mostro ad un colloquio brilla fino ad illuminare il volto

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A Rita

Meravigliosa Donna, le maschere ci obbligano ad indossarle. E paradossalmente quando le togliamo, siamo più esposti sì, ma anche a chi merita. Perchè chi è degno è così speciale da leggere oltre e comprendere con altri occhi. Heiddeger, diceva che "Non c'è nulla di più profondo di ciò che appare in superficie". Ma, nostro malgrado, restiamo sempre esseri umani, quindi con mille paure che offuscano la visione.
Sono sicura, troverai quello che stai cercando: ma solo quando l'avrai ammesso a te stessa. E sai che questo è il passo più difficile. Ci sono tante strade per arrivare all'incontro: tu hai scelto l'unica che

POSTMODERN ANGELS

Mutazioni profonde, quotidiane e visceriche imperlano come gocce di sudore, gli animi più attenti alle proprie consapevolezze: contrapposizioni reazionarie ad un contesto socioeconomico imposto che vuole obbligare gli individui ad aderire a retaggi culturali come brandelli di maglie da pesca oramai consunte dall'impietosità delle forze primigenie. Sono quelle a cui si sta ponendo ascolto. Le identità si dissolvono: il fine ultimo l’ascolto e la coesistenza delle proprie polarità creative e creatrici; ultima meta una trascendenza che tutto comprende, in ogni sua manifestazione implicita ed esplicita. Scosse come trasmutazioni genetiche e animiche. E così ci si sveste di sterili identità imposte e non vissute, in un simultaneo incedere della riscoperta personale, grazie all'abbandono di opachi e plumbei fardelli non propri.
Un angelo postmoderno fedele alla sua vera essenza, vede la stessa sublimare e rifiorire dal suo derma: con una voracità bulimica lacerante, l’ha strappata alla sua origine; e pazientemente, nelle sue stesse pliche, ha disegnato la sua nuova identità.

DELL'EVOLUZIONE

Il corpo come identità e veicolo di espressione di stati, inquietudini ed equilibri precari personali. Un’energia psichica che da sottopelle si trasforma e distilla fino alla sua emersione alla luce.
Un processo doloroso, che può avvenire soltanto tramite la consapevolezza, che per definizione è travagliata. Sangue che da ferita diviene forza vitale, che sgorga dai visceri. Che a loro volta riportano alle ferite dell’anima. Un’anima che lancia un grido tanto muto quanto straziato e straziante. Un’anima che si annulla, cha fa tabula rasa, che cerca di fare spazio esplicando, distendendo, lisciando ogni recesso, ogni plica, ogni piega.
Al fine di potere rinascere.
Non semplicemente pura.
Più evoluta.

HOT PERFECTIONISM

La tensione al perfezionismo, in tutte le sue molteplici sfaccettature, è ambivalente: foriera tanto di creatività, quanto di autodistruzione.
Feconda, nella sua efflorescenza; sterile, nella sua negazione del godimento.
È di questo paradosso, in un equilibrio assolutamente precario, che ci nutriamo.

INTERMEZZO

Quando mi ha lanciato una lattina di birra da prendere al volo mentre ero in acqua, ho pensato che avrei potuto anche sposarlo. Oltre che per la circonferenza di un suo bicipite, che corrispondeva a quella di un mio femorale.

DISSIDENZA, Lettere Morali - Terzo Promemoria

Vivi.
Come stai imparando a fare.
Le riflessioni, come hai potuto vedere, scaturiranno comunque da sole: è il concetto espanso di trascendenza ed il vero superamento tanto agognato.
È un altro passo. Un’altra svolta. E soprattutto vivila per quello che è: qui ed ora.
Dato che di anni ne sono passati parecchi, gli assunti si sono trasformati radicalmente ed i bisogni anche.
Lascia che sia. Non cercare di convincere nessuno. Non ce ne è bisogno.
Saranno i fatti a prendere la parola, a patto che sia tu a lasciargliela.
La storia va assimilata. E tu hai tutti gli strumenti per farlo.
E per cambiarne il corso.

DISSIDENZA, Lettere Morali - Secondo Promemoria

Non ci si deve relazionare a tutti alla stregua di come a noi si sono relazionati.
La realtà è dinamica ed elastica: lascia che giochi al meglio tutte le sue carte per fare breccia in te.
Tu sii te stessa. È sufficiente. Hai molto da dare ed altrettanto da ricevere.
Ricorda che deve essere uno scambio, non una colonizzazione.
E nemmeno una resa incondizionata.
Ora che hai com-preso, puoi agire differentemente.

DISSIDENZA, Lettere Morali - Primo Promemoria

Di questo tuo timore di non essere amata.
Che nasce dalla necessità di conferma. Nasce da solchi e segni scavati nel tuo percorso.
Una volta compresi sono superati, poiché com-presi, quindi vissuti.
Nasce da errori che non sono tuoi e di cui è ora di disfarsi.
Sciogliere e dissolvere questo peso gravoso.
Nasce dall'umanità imperfetta e per questo così paradossalmente perfetta.
Nasce da contingenze che hai scelto a priori.
Ma non ho ancora nozione se sapevi per che strade ti avrebbero portato.

Sapevi solo con quali strumenti saresti partita.

DELLE EMOZIONI E DEGLI AMANTI

Le emozioni forti comportano dissidio e dissidenza, perché schiudono prospettive e desideri di ogni sorta e molto più ampi, che prescindono anche e decisamente ciò che le genera. Forse perché ci si rende conto di quanto in realtà si vorrebbe, e non solo dall'amante in questione. È singolare la capacità fecondatrice di queste. Talvolta, le persone che si incontrano, sono un validissimo pretesto che ci permette di capire quanto in realtà vorremmo, e potremmo, avere in generale dalla nostra esistenza. Perché ci fanno da lente di ingrandimento, ci privano delle nostre armature, sgretolandole con una semplicità disarmante, che è costituita da un linguaggio che per una volta siamo in grado di

DELLA DILETTA LACERAZIONE

Non posso, veramente, fare a meno di chiedermi ciò che sarebbe potuto essere. Non posso fare a meno di ricordare, ed avere bene presente, che nel duemilaedue, hai fatto una scelta. Impunito, mi chiami oggi pomeriggio, per rendermi noto che nei prossimi giorni sarai qui. Evidenziando la mia invadenza, permanenza e pervasività tra i tuoi pensieri; e dando ulteriore spessore all'affinità dalle vestigia tattili che ci unisce. Sfrontato, mi dici che sono la tua donna ideale. “Tua” risulta eccessivo e incontemplabile. Il resto dell’affermazione la condivido, e questo è terribile. Ma forse, lo è ancor di più per te. Probabilmente la nostra vera perversione sta nel continuare a cercarsi e nel volersi, quasi

INCUBI DI PECE

Dei miei demoni più profondi e viscerici. Dei miei turbamenti, di tutti gli scheletri che lasciano sporgere una falange dalle ante degli armadi. Celando nell’oscurità di pliche arcaiche il resto delle loro fattezze. Delle mie ossessioni, ferite arse dalla veloce copiosità dei fiumi di sangue versati. Dei miei respiri anossici soffocati, di palmi sulla bocca e dita pressanti contro il setto, e ferree strette di molteplici mani immobilizzanti attorno ai miei polsi. Notti inquiete di voci, di pesantezza di corpi e di tocchi. Di cimiteri decromatizzati alla luce plumbea e opprimente di un anonimo pomeriggio deprivato della sua scansione temporale, in cui camminavo a fatica, affondando i miei piedi in percorsi tra pietrisco e rallentando il passo in un’unica pozza di sangue color ciliegia profonda una

PAUSA PRANZO - Parte III

Forse (inizio sempre così) la questione prescinde e trascende la cultura di ciascuno. Forse per taluni è abbastanza: è sufficiente ciò che hanno raggiunto. Forse invece è questione di pazienza che alimenta il caos. Io di pazienza ne ho poca, quindi il caos lo alimento con le mie mani. E mi viene anche discretamente bene.
La giornata non è finita: mi aspetta un colloquio. Il responsabile di una grossa agenzia per cui vorrei lavorare cerca un sostituto. Quando ci siamo incontrati nel solito locale e me l’ha detto, volevo dirgli, con un accenno alla sottoscritta: “Eccola!”. È un uomo strano: è entrato nel locale, ha preso quattro fette di pane di quello che mettono sul bancone come assaggio. E che tale dovrebbe essere. Le ha

PAUSA PRANZO - Parte II

Un altro accadimento, che in virtù dell’andazzo ormai consolidato, di singolare risulta, paradossalmente, avere ben poco.
R., che nonostante ci lavori di fianco in quella discoteca non ci ha mai messo piede, sabato sera, seguendo una sorta di istinto, entra. Cinque minuti, il tempo di guardarsi attorno, percepire lo scenario post-atomico che gli si prospetta di fronte, non capire, e uscire. Peccato che io fossi lì, che gli avessi spedito un sms per dirglielo, e che lui l’abbia letto solamente il mattino successivo, quando con un tot di ore di ritardo, gli è arrivato. Forse non aveva da essere.

PAUSA PRANZO - Parte I

Si, ma cazzo! Perché in pausa pranzo io non ho mai fame?
Corso Buenos Aires. Strada a me semi-ignota sino a non molto tempo fa. Invero non sapevo nemmeno come arrivarci con i mezzi. Crollo fisico esponenziale avvenuto nell’arco di un quarto d’ora. Seggo. Sarei tentata di andare a fare un giro. O di seguire questi due in divisa sulla volante.
Caldo. Mi si stanno liquefando gli organi interni. Speranza vivida ed al contempo vana, che il pomeriggio si dissolva in meno di un respiro.
Solita scena con i piccioni. Ruotano e tubano. Metti loro un cuba libre in mano ed un altro paio di amici al fianco e non differiscono molto dagli uomini. La differenza? Credo solo l’incarnato. Una volta deprivati delle piume, forse nemmeno quella.

SCENEGGIATURE URBANE, Epilogo

Mio malgrado, forse, è giunto il momento di chiudere l’ennesima porta. O forse di fare l’ennesimo vano tentativo. Sei stato uno splendido sogno, in cui ho quantomeno sperato. Una sberlucciante e sfavillante visione onirica. Sospesa. Forse giunta al suo termine. Come le immagini della notte appena trascorsa, che questa mattina sentivo incollate come pece collosa alla mia pelle. Un sogno fatto della tua carne sotto le mie mani, dei tuoi occhi dentro i miei, di tuoi peli e capelli, forse solo peli dato che sei rasato, come testimonianze della tua sosta tra le mie lenzuola. Della tua corporeità statuaria nuda, in tutta la sua umana perfezione, di fronte alla mia meraviglia, incredulità e stupore. 

SCENEGGIATURE URBANE, Parte III

Tornando, per un attimo, a questioni più dozzinali, le potenziali strade che ho deciso di intraprendere quando il cadavere mi passerà davanti, e passerà, sono due e dipendono strettamente da fattori come la contingenza ed il tasso alcolico in corpo (fattore quest’ultimo che costituisce un pretesto irrisorio ma reca seco una grossa valenza vista la scarsa resistenza all'alcol della sottoscritta). Una terza strada è quella dell’indifferenza, ma per ora è decisamente presto parlarne.

SCENEGGIATURE URBANE, Parte II

Bene. Credo sia giunto il momento dell’ennesimo tentativo di raccontare a me stessa la verità. Molto più che arduo. Non perché prima volessi celarla, ma semplicemente perché non l’avevo compresa. Ed è decisamente interessante sottolineare, o meglio evidenziare, come questa spesso la si comprenda grazie all'ausilio di fattori estranei. Strano, come alcune persone ti permettano di capire che ciò che vuoi, fosse anche la tua estremamente personale concezione di perfezione, in realtà non sia l’esaudimento di un desiderio ma la realizzazione di un piano. Che poi così definito all'interno di limiti prestabiliti risulta sterile. Concetto questo, che si potrebbe estendere a situazioni ben più ampie facendo scaturire altre riflessioni ed altri sbocchi.

SCENEGGIATURE URBANE, Parte I

D: Ma la consapevolezza non dovrebbe precludere la reiterazione?
R: Non necessariamente. Perché le variabili in gioco sono infinite. E le contingenze anche.

L’impatto con la verità è un lucido schianto accecante: ed è talmente veloce che non ha suono. L’illuminazione arriva comunque lesta, anche senza cercarla compulsivamente. È arrivata in macchina, i tasselli si sono ricomposti con una semplicità disarmante, come disarmante è stato l’effetto sortito. Indecisa se sanguinare o meno. Sospesa come tutta questa storia. Ho capito tutto quello che è passato per la tua testa. Definirla mente sarebbe eccessivo. Ora è tutto assolutamente chiaro.

SCENEGGIATURE URBANE, Intro

Non ha importanza alcuna, e tantomeno è mia preoccupazione sapere cosa pensi, cosa fai, chi sei. Neanche ciò che avrà d’essere. Vale solo il tuo sguardo, calato nei miei occhi, scivolato dentro come un flusso pervasivo ed invasivo, totalizzante, semplicemente perché concesso. Conta solo la tazza di caffè americano, assolutamente instabile nelle mie mani tremanti. Conta solo il mio equilibrio che vacilla in tua presenza. Conta solo, ancora il tuo sguardo, il primo. Decisamente casuale, quasi da pellicola. Conta solo il mio ingresso in un posto anonimo, inusuale alle mie abitudini. Conta solo il destino che ha giocato sul tempo e sul fatto che io iniziassi a fermarmi ogni mattina a bere un caffè. Che oltretutto fa schifo. Conta solo il tuo civettare narcisista con una donna illegittima, e nel tuo fare

PIRESSIA

Sperma. E. Sangue. Sulla. Tua. Faccia.
Due. Volte.
Ti. È. Scivolato. Anche. In. Bocca.
Invano. Hai. Cercato. Di. Rimuovere.
Ciò. Che. Probabilmente. Era. Già. In. Circolo.
Gocce. Di. Sangue. Dal. Naso. Stillavano. E. Ti. Piaceva.
Caldo. Colava. Sulla. Tua. Bocca.

BACCANALI Parte V

Cammino su corpi straziati.
Devastazione. Smarrimento. Ed incanto.
Sei un’allucinazione nei miei labirinti onirici.

BACCANALI Parte IV

Corpo.
Asessuato.
Si.
Muove.
Sul.
Tuo.
In.

BACCANALI Parte III

Tu.
Non.
Hai.
Voluto.
Toccare.
L’Inquietudine.
Scavare.

BACCANALI Parte II

Smuovo.
Anime.
Corpi.
Mi.
Nutro.
Di.
Ciò.

BACCANALI Parte I

In.
Un.
Lago.
Di.
Sangue.
E.
Sudore.
Scoperei.

M.O.P.A. Parte III

Meticolosa estrazione di tutto quanto introdotto a presupposto di una vana, illusoria, labile e non goduta assunzione.
Porta solo lente ed eterne contrazioni di dolore e sofferenza.
Cordoglio e catarsi.
Un massacro a guisa di resurrezione.
Incontrollabile avidità tutto questo.
"Genera emorragia esofagea" sarà il referto.

M.O.P.A. Parte III

Non.
È.
Tanto.
Questione.
Di.
Passione.
O.

M.O.P.A. Parte II

Ho.
Capito.
Sudando.
Dolore.
Lacimando.
Sangue.
Sputando.
Bile.

M.O.P.A. Manifesto

Cerco.
Esclusivamente.
Ciò.
Che.
Mi.
È.
Precluso.