POSTO FINESTRINO, Parte IV

Descrizioni più plastiche e fervide necessitano di emergere. Partorite alla luce neon di questo treno, che per sua costituzione è vagamente asettica. Vagamente, perché qualsiasi altra connotazione in un verso o nell'altro la definirebbe meglio, e quindi perderebbe l’indifferenza sorda che la contraddistingue e ne fa il suo tratto distintivo.

Martedì sera. Aprile credo. Duemilaesette ne sono certa.
Forse la prima volta che una data compare su questo, non ho ancora capito come definirlo, riflessario. Un palcoscenico per l’anima e le sue vertenze. Stazione di Porta Garibaldi: su un treno per tornare a casa. Musica elettrominimal berlinese a tuono nelle orecchie; una forte imperlazione effervescente primaverile riveste le mie cellule. O come direbbe mio fratello, ho un odore selvatico. Alla mia destra
una ragazza africana si sta truccando per la serata: questo lessico ingannevole dona una connotazione mondana e fashion all'accadimento. In realtà si sta acchittando per andare a battere. In treno. Il pendolarismo di queste ragazze inizia molto prima. Che lunga nottata credo l’aspetti. È normale che lei mi incuriosisca, forse un po’ meno che io incuriosisca lei: spesso ci giriamo e i nostri sguardi si incrociano. [Adesso vado in cabina a chiedere di guidare un po’ meglio questo cazzo di treno che non riesco a scrivere bene.] Il viaggio sta prendendo una piega interessante: la ragazza, mentre si trucca parla da sola nella sua lingua, e se la sghignazza anche. Ma oltre a questo, svolte particolari non ce ne sono: sicché mi reinfilo entrambi gli auricolari e proseguo con questo viaggio a tuono, diretto agli emisferi cerebrali. Con le sinapsi tirate a lucido da un numero imprecisato di battute per minuto: numeri che definiscono un genere musicale. In un cortocircuito sensoriale tra la brillantezza e l’incorruttibilità del platino, e l’elasticità delle più piccole particelle e corpuscoli di onde materiche e luminose. Ellen Allien è la prova che la perfezione esiste. Suoni che vorresti non finissero mai.

Viaggio finito. Ed ho provato anche l’ebbrezza del treno delle 22.30.
Fortunatamente non quella di perderlo.

Nessun commento: