UNNAMED

Lo schianto sordo devastante dell'Incontro, dell'eradicazione e dell'efflorescenza. Il vortice della nigredo alchemica che tutto comprende e tutto amalgama con violenza e dinamica incontrollabile compulsione, come in una cosmogonia. Il contatto della loro pelle: la sensazione di tenere stretta e salda quella mano non da un secondo ma da ore; il calore che in apparenza si diffonde da un'estensione ad un'altra ma che in realtà si rivela collante ancora denso e pregno. Lo sguardo di simile cromatismo tinto che pervasivamente scivola e si insinua sino a perdersi e disperdersi in quella rifrazione di affamata ed estenuante ricerca. L'olfatto feromonico che rapisce e recepisce una
familiarità in quell'androgino gioco di specchi che in loro si condensa e che intorno dissolve: quella stanza che fino ad un istante prima era pervasa da vocio e schiamazzi, ora è vuota, offuscata e silente; qualunque forma di vita si è sciolta ed è svanita. In quella stanza, ora, ci sono solo loro due. La Diade di Freud che altro non chiede che di sè stessa sfamarsi in una deprivazione che sembra un assunto incontrovertibile a dispetto della presenza, e che essi porteranno da questo momento come cardinale vessillo sulle loro nuove vesti.

Il silenzio ora ha l'effluvio dell'esondazione.

Non sanno ancora di essersi cercati e di essersi mancati di poco, quattro mesi prima. Non sanno ancora di conoscersi intimamente e profondamente. Non sanno ancora di essere stati marito e moglie. Non sanno ancora cosa sia fondersi e confondersi respirandosi ai due opposti estremi dell'universo. Non sanno ancora che a dispetto di ogni dilettantesco tentativo non riusciranno a rimuoversi dalle reciproche esistenze perché in realtà sono una cosa sola. Ingenui pellegrini che delle movenze e degli intrecci eccellentemente impeccabili e doverosamente narrabili del fato ancora non hanno cognizione. Non sanno, di essersi ritrovati. Non sanno ancora niente di tutto questo.

L'unica cosa di cui ora hanno finalmente conoscenza, è l'esistenza dell'altro.

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