EPISTOLARIO METROPOLITANO - A Gloria

G. carissima.

Mi piace. Mi piace mettere sudore, sangue e passione in quello che faccio. Mi piace che abbiano riconosciuto un talento ed abbiano avuto il coraggio di accoglierlo. Mi piace che il tempo si ferma mentre faccio uno scatto fotografico e che in quel momento ci siamo solo io, la macchina e l'anima di quello che sto fotografando. Mi piace che il sabato notte, anziché andare a ballare, sono davanti al Mac a dare vita ad un nuovo marchio. Mi piace che alle tre di notte lo guardo, è splendido, ma non è ancora perfetto. Mi piace che il giorno dopo, aggiungendo un dettaglio raggiunge la perfezione e con il colore inizia a respirare. Mi piace sentire l'energia fluire dal mio corpo, in una sinergia splendida
con quello con cui interagisco. Mi piace che ogni giorno, scopro e apprendo qualcosa di nuovo. Mi piace vivere ogni momento, che sia brillando nel firmamento o cercando di risalire l'abisso. Continuando a fare tesoro di quanto si vive. E per vivere, intendo anche osservando il mondo che, fortunatamente, mi circonda. Mi piace fare tesoro delle esperienze, mie ed anche altrui. I pezzi del puzzle poi, per un processo creativo di rielaborazione si compongono, giorno per giorno, lastricando la mia strada. Sono costituiti di ogni materiale: alcuni scintillanti, altri un po' erosi, alcuni vivi, con materia calda e mobile al loro interno, altri ancora con odori, parole sussurrate, taluni irrorati di lacrime, certi invece ancora gocciolanti sudore. Ed ogni illuminazione, mi permette di avanzare, di costruire. Solo con delle basi solide, ci si può permettere di disancorarsi e rimettersi in gioco. Perché, come disse Zarathustra, per poter camminare su una fune bisogna avere un equilibrio consistente. Elasticità, fluidità. Io sono come acqua: cambio forma, consistenza, fluidità, colore. Ma l'essenza rimane la stessa. Ho imparato a dare. E' splendido, fertile. Come un seme che germoglia dando vita a fiori e frutti. Linfa vitale che circola.

Ti viene dato. Ti viene tolto. A talune condizioni, umanamente non comprensibili. Il salto creativo, è proprio questo: capire che la nostra interpretazione non è l'unica e nemmeno quella corretta. Perché se uno pone una domanda, e non ottiene risposta, è perché pone la domanda sbagliata o perché è parte del problema. Che poi, in fondo, è la stessa cosa. Tutto ci lascia qualcosa, basta saperlo integrare, e prenderne l'essenza. Perché è l'essenza che è declinabile in altre infinite possibilità.

Sono viva, G..
Sto rifiorendo di potenzialità che, ora, ho consapevolezza di avere.

Credo tu possa sentirmi.
Ti abbraccio, lasciando delle piccole gocce di colore della mia aura, su di te.

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