EPISTOLARIO METROPOLITANO - A ignoto A.

A., temo di starmi già rompendo i coglioni. Lavorativamente parlando intendo. Anche questa cosa dovrò affrontare, preferibilmente prima dell'età pensionabile. Di certo c'è che non puoi aspettare la svolta, e nel frattempo cuocere cotechini: non facendo Onassis di cognome, la cosa risulta un po' improponibile. Poi, se vogliamo applicare le conoscenze e le consapevolezze acquisite, bisognerebbe contemplare anche tutte queste cazzo di marchette, sapendo che ti condurranno verso ciò che vuoi. Ciò che vuoi che arriverà, facendo tremare la terra con scosse sismiche abissali. Certo, è presto: è passata appena una settimana. Lo so, sto imparando, non voglio avere fretta. Anche se la cosa mi da molto fastidio. Il non avere fretta intendo.
Stanotte è successa una cosa strana: dormivo, non so dirti da quanto. Ma credo da non molto. Mi sveglia il rumore dell'ascensore. Sottolineo il fatto che non sia una ruspa. Quindi il suo suono è assolutamente irrilevante. Morale, mi sveglio per l'ascensore che sento salire, e dal quale sento uscire una donna che cammina con dei tacchi. Con il mio passo. E questo lo sottolineo. Ho riconosciuto il mio passo deciso. Potrebbero essere i vicini, certo: peccato che la ragazzina non torna all'una in settimana e la madre nemmeno. Ma potrebbe essere un'eccezione. Un altro dettaglio: i vicini hanno un campanello come quello dei negozi, che suona quando aprono e chiudono la porta di casa. Sempre. Non ha suonato. E non ho sentito quella persona entrare in casa loro. E' svanita sul pianerottolo.

Questa mattina mentre lo racconto a mia madre, lei mi guarda e mi dice: "Magari eri tu."

Quante ne sa quella donna. Santa donna.

Nessun commento: