PAUSA PRANZO - Parte III

Forse (inizio sempre così) la questione prescinde e trascende la cultura di ciascuno. Forse per taluni è abbastanza: è sufficiente ciò che hanno raggiunto. Forse invece è questione di pazienza che alimenta il caos. Io di pazienza ne ho poca, quindi il caos lo alimento con le mie mani. E mi viene anche discretamente bene.
La giornata non è finita: mi aspetta un colloquio. Il responsabile di una grossa agenzia per cui vorrei lavorare cerca un sostituto. Quando ci siamo incontrati nel solito locale e me l’ha detto, volevo dirgli, con un accenno alla sottoscritta: “Eccola!”. È un uomo strano: è entrato nel locale, ha preso quattro fette di pane di quello che mettono sul bancone come assaggio. E che tale dovrebbe essere. Le ha
passate dalla mano sana a quella disabile, come in un gioco di alta magia, e mentre parlava con me, un po’ le ha mangiate, un po’ le ha fatte sparire. Poi si è congedato, uscendo dal locale senza acquistare nulla. Avrei voluto filmare il nostro dialogo, che più che altro è stato un suo monologo: con un buon trattamento di immagine, sarebbe risultato sospeso tra l’onirico e lo psichedelico. Talvolta mi chiedo se tutti gli squinternati li incontri io, o se semplicemente ciascuno ha la generosità di rivelarmi il proprio lato oscuro. Forse dipende da quanto sei aperto all’alterità e con che occhi la guardi.

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