SCENEGGIATURE URBANE, Parte I

D: Ma la consapevolezza non dovrebbe precludere la reiterazione?
R: Non necessariamente. Perché le variabili in gioco sono infinite. E le contingenze anche.

L’impatto con la verità è un lucido schianto accecante: ed è talmente veloce che non ha suono. L’illuminazione arriva comunque lesta, anche senza cercarla compulsivamente. È arrivata in macchina, i tasselli si sono ricomposti con una semplicità disarmante, come disarmante è stato l’effetto sortito. Indecisa se sanguinare o meno. Sospesa come tutta questa storia. Ho capito tutto quello che è passato per la tua testa. Definirla mente sarebbe eccessivo. Ora è tutto assolutamente chiaro.

Apparentemente ingenua, in realtà pura, spontanea. Che poi, forse, è la stessa cosa. Cambia solo il punto di vista, la sostanza resta tale. È stato come vedere tutto non dall’esterno, bensì oltre. Ho trasceso e lasciato parlare i fatti, che per una volta, da subito, sono valsi più di tute le parole spese. Volevi. Solo. Scoparmi. Tutto qui. Non ti è mai balenato, neanche per un istante, la vana e remota possibilità che io potessi essere qualcosa di più di una pregiatissima preda.

Io ho imparato ancora. E tu? Dimmi. Che cosa hai imparato?
Che l’apparenza inganna. Che l’intelligenza terrorizza. Che quest’ultima, commista alla bellezza, costituisce un cocktail micidiale che fa tremare la terra sotto i piedi e mette a disagio. Che l’acciaio nella carne e l’inchiostro sotto pelle non precludono, ma schiudono. Il tuo senso di colpa. Per quello che eri, poverino, matematicamente convinto di stare andando a raccogliere. Condito da narrazioni contraddittorie di basso profilo.

Non riesco a credere alla versione di chi rifugge a quanto destabilizza o a chi non ha il coraggio di mettersi in gioco per avere, non dico di più, perché sarebbe dozzinale superbia, dico almeno dell’altro. O per lo meno non voglio credere sia il tuo caso. No. Cercavi solo una chiavata.
Ora che ci penso, a modo tuo e tra le righe, me l’hai anche detto. Sottolineo tra le righe, perché sapevi che nel fosso c’eri già fino alle ginocchia, e ad un’affermazione del genere saresti stato tu a darmi la vanga in mano per portare a termine l’opera.
Singolare: fino a poche ore fa era difficile dare una morfologia più comprensibile al tutto. Ora mi chiedo solo che effetto sortirà rivederti alla luce di questa nuova rivelazione.
Quante piccole teatrali macchinazioni: probabilmente non sapevi neanche tu bene come giocartela, perché il copione questa volta era un po’ diverso. Di certo c’è solo una cosa: avresti potuto giocartela meglio. Molto meglio. Ora avresti un’altra tacca sul fucile.

Ps: no, non sanguino.

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