SCENEGGIATURE URBANE, Parte II

Bene. Credo sia giunto il momento dell’ennesimo tentativo di raccontare a me stessa la verità. Molto più che arduo. Non perché prima volessi celarla, ma semplicemente perché non l’avevo compresa. Ed è decisamente interessante sottolineare, o meglio evidenziare, come questa spesso la si comprenda grazie all'ausilio di fattori estranei. Strano, come alcune persone ti permettano di capire che ciò che vuoi, fosse anche la tua estremamente personale concezione di perfezione, in realtà non sia l’esaudimento di un desiderio ma la realizzazione di un piano. Che poi così definito all'interno di limiti prestabiliti risulta sterile. Concetto questo, che si potrebbe estendere a situazioni ben più ampie facendo scaturire altre riflessioni ed altri sbocchi.

[Forse è questo accenno di febbre che sta parlando ed io sto solo trascrivendo. Anche se, in stati alterati di coscienza ho spesso partorito cose interessanti.]

Mi dispiace un po’ che sia andata così; così come poi, non è chiaro. Mi dispiace non vederti più. Sono stata veramente bene con te quella sera, pur consapevole dei tuoi infiniti limiti. Anche se ammetto che nell'ultimo frangente della serata ti ho praticamente inchiodato ad una croce. Ma tutti gli strumenti per farlo me li hai dati tu stesso. Devo riconoscerti che hai risvegliato le emozioni della dodicenne che è ancora viva in me: e questo è splendido.

Forse è vero: riveste un’importanza fondamentale come una persona riesca a farti sentire.

A maggior ragione se ha un fisico marmoreo come il tuo.

E nonostante abbia una testa di cazzo come la tua.

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