TRENTUNO OTTOBRE

Come al solito in un ritardo inaccettabile. Ben oltre il quarto d’ora accademico. È l’ultimo giorno di ottobre, sono le dieci e mezza di sera, e stiamo dirigendoci ad un evento a cui siamo state invitate in una maniera alquanto singolare: via mail. Ma la questione non è tanto questa. Quanto il fatto che non conosciamo assolutamente nessuno. E nello specifico nemmeno chi ci ha invitato, anche se forse, paradossalmente, dovremmo. Questo ritardo sembra non giocare assolutamente a nostro favore.


Non abbiamo idea di ciò che ci sta aspettando e di quello a cui stiamo andando, oltretutto sorridenti, incontro. Non sappiamo ancora nulla del preciso agire sincronico del destino. Siamo profondamente innocenti quanto ingenue, nell’affermare che noi non sapevamo che questa notte avrebbe cambiato il corso delle nostre esistenze e delle nostre consapevolezze. Scevre da ogni cognizione legata a questa casualità che a noi si incollerà, ed in noi scivolerà come miele diamantino: troverà fondo umido e fertile per germogliare; ed unghie forti ed incorruttibili che come acciaio scaveranno nelle carni dei protagonisti, per poi giungere all’anima e alleggerirla da una prigionia di secoli. No, non sappiamo ancora cosa sia la redenzione: per ora pensiamo indossi la veste della flagellazione autoinferta. Dilettantesco siparietto. Non sappiamo ancora che penetra fino nell’ultimo dei tuoi recessi per poi estirparne l’essenza: quel contenuto insabbiato dalla preservazione alla sofferenza. E che nell’emegere scarnifica, lacera, strazia, metamorfizza, lenisce e redime. Non sappiamo ancora quanti strati di pelle perderemo e rinnoveremo; quanti lembi di corazze lasceremo nel deserto e lungo il nostro cammino. In questa notte verrano gettati nella terra dei semi di bellezza opalescente e di consistenza calda, vitrea ed effervescente. Color del rubino, venati di striature di cielo.

Tutto questo per noi, è puro caso. Ferme a quel semaforo sotto il cavalcavia, crediamo che sia semplicemente frutto della dialettica della protagonista e del suo savoir faire. Non sappiamo ancora che gli strumenti ce li scegliamo ancora prima di venire al mondo, in virtù del cammino che abbiamo intenzione di compiere. Attestiamo, poiché il credere concerne una certa cognizione che a noi in questo momento manca, che quella che ci attende sarà plausibilmente una bella serata, quantomeno diversa dalle altre: male che vada dopo andremo a ballare. Crediamo che tutto questo sia semplicemente vestito di una festa di Halloween, una semplice alternativa.

Svolta a sinistra. Siamo quasi arrivate. Il ritardo sta diventando sempre più pressante, e questo non è di certo un bel biglietto da visita. Specificata nell’invito la massima puntualità, dato che la serata pare essere strutturata secondo scadenze e tempi ben precisi: il dettaglio che sinora ho omesso è che saremo parte dell’animazione.

La protagonista non ha ancora dato peso al diniego da poco rivolto ad una persona che quattro mesi fa le aveva strappato la pelle dal cuore e con cui avrebbe dovuto invece essere questa sera. Diniego che ad un occhio un po’ più accorto, evidenzierebbe come questa accadimento le abbia permesso invece di essere qui. Sola.

È autunno pieno. Milano è tinta dei colori della sua notte singolarmente tersa: il giallo delle luci, e le sue declinazioni di grigio che partono dallo scuro dell’asfalto per poi stingersi nelle facciate delle case. Una secchiata di nero nella volta celeste. Direi che c’è tutto.

Cerchiamo il civico. Cerchiamo parcheggio. Cerchiamo il citofono. Suoniamo.

“Chi siete?”
“MAdd più uno.”
“Salite.”

Il clac del portone che si apre a seguire.

La protagonista non sa che ciò che al suo cospetto si sta per presentare inciderà, solcherà, invaderà, irrorerà e permeerà la sua esistenza. Non crede ancora che due persone possano riconoscersi in un istante, a dispetto di tempo e spazio. Non ha ancora cognizione di cosa sia un olfatto atavico e di come ci si possa identificare e respirare con altri sensi. Non sa che non udirà nemmeno il fischio in lontananza, e che sta per essere travolta da quel treno lanciato ad una velocità dilaniante. Varcando quella soglia, non sa ancora nulla di tutto ciò.

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