LA SPOSA OCCULTA

Cerco nei frangenti dell’epilogo e dell’incriminazione.
Tracce dei filamenti della nostra negata esistenza e della nostra imprudenza.

Di celati, sommessi e furtivi sguardi sospinti al di sopra di un nero velo che cela e nasconde il capo. Sguardi che avvolgono e cingono.

Di sussurri di prefiche in angoli bui di echeggianti e vuote cattedrali gotiche. Sussurri che scivolano e si insinuano.

Di mani che si sfiorano nella costrizione pretestuosa della processione, pretendendo di estendere all’infinito quell’evanescente e memore acausalità sospinta e destata da un’essenza olfattiva. Mani che si ritraggono deste e leste sotto gli occhi inclementi, feroci e viziosi di giudici inquisitori, adornati delle loro vesti scarlatte come drappi tirati a lucido per il processo dei rei.

GIOCHI D'AZZARDO

E' ironico, come da quando io mi sia seduta a guardare lo sfacelo ed il declino che mi circondano, come spettatore incredulo, sul labile confine tra l'indignazione ed il divertimento grottesco, le cose abbiano iniziato a modificarsi. Non certo prima di avere combattuto una estenuante guerra, inconsapevolmente persa in partenza. Di un esercito da affrontare di cui non ho considerato la temibile arma che possedeva: l'ignoranza abissale e permeante. In merito a questo non c'è molto altro da dire: persino troppe parole sono state spese con conseguente dispendio ed estinzione di energie.

E' una serata di cambiamento anche questa Londinese. Ho scoperto ed oggi si è ridestato qualcosa che temevo invece perso, irraggiungibile e sepolto sotto metri di esistenza. Qualcosa che ritenuto talmente remoto non avevo preso in considerazione potesse invece ed invero risvegliarsi. Inaspettatamente.

DELL'AMORE

Sono sempre stata attanagliata dal dubbio che chi ho amato, chi per me è stato importante, nel frangente unico, singolare e caratterizzante di ciascuno, potesse essere nel suo ricordo vivido ed ancora in me pulsante, una ragione di un non attaccamento successivo ad un'eventuale alterità postera.

Nel dubbio perenne e lacerante che accompagna il mio pellegrinare alla ricerca continua e mai esaustiva di me stessa, fondamentalmente, mi sono sempre chiesta quanto e come io possa avere amato.

Talvolta mi sono chiesta, con le mani attanagliate dai temporanei legacci della razionalità che non fornisce spiegazione alcuna e che invece imprigiona in una visione sterile, anche se io abbia mai amato.

ZURIGO

Questa stanza ha le pareti dello smeraldo. Esse stingono al soffitto in un ipnotico blu notte, profondo come gli abissi in cui ci siamo incontrati e persi.

Questa stanza in cui ti sto aspettando è perfettamente quadrata. In questa stanza tempo e spazio non esistono. Prescindiamo e trascendiamo ogni contesto temporale e spaziale.

Questa stanza è un buco quantico: un abisso vertiginoso nella corruttibilità umana che ha permesso di fonderci e confonderci.

Piove in questa stanza.
Piovono miliardi di gocce come torrenziali diamanti scintillanti. Piove a dirotto sulla mia pelle algida e sulle mie fattezze deprivate di un’identità precostituita, che nella sua negazione ed esfoliazione, ricerca la purezza dell’essenza. Piove un’acqua pura e cristallina su questa vorace ed estenuante ma mai esaustiva ricerca, ed inonda di nuova sostanza le sue implicazioni e complicazioni.

EMERALD

Demoni irriverenti che al calare del sole alzano il tono della loro voce ed aumentano i colpi inferti con violenza raggelante alla mia porta. Creature inguardabili di materia filante e confusa che impastano del loro caustico sudore e dei filamenti della loro bava gli strascichi dei miei indumenti. Feroci, efferate e sanguinanti bocche con denti come zanne d'avorio corroso e putrescente che alitano sul mio volto nel procinto di divorare interamente la mia testa. Strette anossiche di mani fredde ed umide che cingono e costringono il mio respiro ed il mio volto.

Ma questa notte non è questo.
E' altro che tira i lembi delle mie vesti.

Questa notte, ciò che mi tiene sveglia, ha un nome ed un volto. Un nome che domani pronuncerò morbido, dolce e vischioso come miele che al palato si appiccica. Un volto che domani accarezzerò con algide mani incantate ed incantevoli e nel quale avrò l'accortezza di perdermi e respirare.

Questa notte ciò che mi tiene sveglia mi ha cercato ogni sacrosanto giorno di questa settimana, infondendomi ipodermicamente gocce diamantine e dissolvendo gli ultimi stralci di appetito. Ed io quelle stille in sudore dorato trasformerò e te le renderò alchemicamente sublimate affinchè anche tu possa trarne a tua volta nutrimento.

Questa notte ciò che mi tiene sveglia mi osserva e sorride sulle note di questa canzone. Ed io sulle note di questa canzone io mi muoverò su ciò che questa notte mi tiene sveglia.

Questa notte è una risata che mi tiene sveglia, è un "Hallo Sweetie" pronunciato sorridendo quando la tenebra arriva. Ed io in quella risata mi avvolgerò come nuova setosa veste scarlatta.

Questa notte è un pretestuoso frangente rivestito di un abito inadeguato, di un cinema chiuso, di un caffè americano e di un libro, che mi tiene sveglia. Ed io di fronte a quel gioco di alta maestria mi inchinerò cercando di carpirne l'essenza di flessibilità e di farne strumento di saggezza e di fede.

Questa notte sono uno sgabello libero in una vetrina e la mia irriverenza a tenermi sveglia. Ed io di fronte a tale prestidigitazione altro non posso fare che sgranare gli occhi incantata come una bambina.

Questa notte è il mio sguardo che in quella direzione si è casualmente posato ad incontrare il tuo, a tenermi sveglia. Ed è quello sguardo magnetico come calamita che ho visto su di me posarsi che domani andrò ad incontrare.

Questa notte è tutto ciò che io ho colto e accolto e la sua germinazione feconda che mi tiene sveglia. 

Questa notte è la chiave che hai infilato nella porta che mi tiene sveglia.

Tienimi sveglia, domani notte.

INTERMEZZO, Parte XXI

La notte, quando tocco il letto e cerco negli spazi e nelle percezioni che da lì si dispiegano, il fil rouge delle implicazioni e delle complicazioni della mia esistenza, ho piuttosto la sensazione di morire, che non quella di addormentarmi.

020906 - 020908

Due anni tra poche ore.
Fiabe per Orchi è anche tuo.

Ti abbraccio denso Luca. Dovunque tu sia.
E tu sei ovunque.

Ciao dolcezza.
MAdd ;)*

FLESH

Non posso mentire.
Non a me stessa.
Nel di te scrivere, di me narro.

Vengo insistentemente punta come da spina adrenalinica dalla sensazione di stare parlando ad un universo fuorché a te. L'imprecisa percezione di una comunicazione non adeguata data la portata magmatica di questo nostro non essere. Nel mio indagare e nel disperdermi nelle mie stesse pliche, risveglio elucubrazioni su una domanda non adeguatamente posta che presto presenta inadeguatezza dato l'assunto di diniego. La netta ed imperfetta sensazione di non stare utilizzando un lessico adeguato atto a descrivere il mio essere ed il mio sentire, salvo poi accorgermi di una dispercezione: non sta nella referenza lessicale l'inadeguatezza ma nell'impropria attesa di una reazione ed azione impossibili razionalmente. Nasce quindi il perenne dissidio tra la mente ed il cuore, tra il sentire e

QUESTA NOTTE

E' una notte pregna, quella che sta per dispiegarsi al cospetto di questo Sabato sera Londinese.

Una matericità pervasiva che impregna tutto di una densità collosa e perturbante: sembra quasi di potere reimpastare l'aria. E' densamente avvolta di cambiamenti dalla consistenza tattile, questa notte.

Non abbiate fretta: questo ne è solo manifestazione dell'anticipo, dell'imminenza. E' l'odore e l'essenza dell'autunno che stanno insinuandosi per vedere che cosa è rimasto nel terreno: bisogna capire cosa si può accogliere per fare una semina corretta. Che cosa può essere ospitato in quell'umido, fertile e freddo manto buio e cosmogonico, di una potenzialità di origine che scivola nelle viscere della terra. Non abbiate fretta: il principio ha già preso forma. Ora bisogna lasciare che la terra restituisca nutrimento a tutto quello che vi avete deposto. Ci sono frutti che non necessariamente attendono il sole dell'estate per maturare. Hanno sufficiente forza intrinseca per attendere semplicemente il proprio tempo per manifestarsi correttamente.

310708

You know what is happening to him
What is happening to him, is you.

C.

UNNAMED

Lo schianto sordo devastante dell'Incontro, dell'eradicazione e dell'efflorescenza. Il vortice della nigredo alchemica che tutto comprende e tutto amalgama con violenza e dinamica incontrollabile compulsione, come in una cosmogonia. Il contatto della loro pelle: la sensazione di tenere stretta e salda quella mano non da un secondo ma da ore; il calore che in apparenza si diffonde da un'estensione ad un'altra ma che in realtà si rivela collante ancora denso e pregno. Lo sguardo di simile cromatismo tinto che pervasivamente scivola e si insinua sino a perdersi e disperdersi in quella rifrazione di affamata ed estenuante ricerca. L'olfatto feromonico che rapisce e recepisce una

CORNIS

Mio dolcissimo. E' a te che scrivo in questo momento.
Un momento speciale, raro e prezioso. Esattamente come te.

Un momento in cui magicamente, i due opposti amanti eternamente divisi hanno l'insolita fortuna di potersi incontrare: poiché il sole sta sorgendo e la luna è ancora alta nel cielo. Si illuminano l'un l'altro in un artificio alchemico di alta magia. Entrambi, delle rispettive luci brillano. Tra poco l'uno nell'altro si dissolveranno. Restando della loro essenza intrisi. Potresti obiettarmi che la luna è solo luce riflessa del sole e che da lui tutto nasce: dalla sua forza, dalla sua energia e dal suo potere creativo. Sai che invero non è così. Sai che la luna, con la sua potenza ammaliatrice, con la sua capacità di regolare cicli vitali e con il suo manto di seduzione nulla ha da invidiare al sole. Nessuno potrebbe scegliere tra l'uno o l'altro. Entrambi sono importanti e speciali per quello che sono. La luna non potrebbe mai dare l'energia di cui i semi necessitano per germogliare. Così come il sole non potrebbe mai regolare le maree. La loro eccellenza risulta naturalmente evidente ed inopinabile.

Sei stato coraggioso, perché hai avuto la capacità di ascoltare il tuo cuore. E sono pochi coloro che hanno la forza di farlo. La mia prima battaglia in questa terra ho combattuto per potere essere al tuo fianco, e non passa giorno in cui io non ringrazi chi tu sai, per averti incontrato.

Resta adeso nella memoria il primo ricordo di te scalzo in strada ad accogliermi in questa dimora. Scintillante sei tu, nel tuo profumo talcato di innocenza, nelle tue bionde sopracciglia schiarite dal sole, nel tuo sguardo vivo ed acceso, nel tuo lasciare la biancheria nella lavatrice per ore, nel tuo dimenticare le luci ed i fornelli accesi, nel tuo cucinare quantità enormi di cibo, nel tuo bussare alla mia porta nel cuore della notte, nel tuo provare il mio smalto, nel tuo ascoltare privo di giudizio, nel tuo porre domande intelligenti, nel tuo condividere i miei entusiasmi, nel tuo suggerire con dolcezza, nel tuo indagare e mettere in dubbio te stesso. Per questo e per ogni tua implicazione. Dimostri intelligenza, spontaneità, forza, coraggio e ironia in ogni tuo essere. Meraviglioso nella tua umana imperfezione, che non è un difetto ma un pregio. Credimi, a dispetto di quello che pensi, molto hai da insegnare agli esseri umani. Tu hai compreso cosa la vera evoluzione sia, poiché da quella sei incuriosito ed attratto. Il destino agisce con gli esseri umani secondo linguaggi a loro comprensibili: hai toccato con mano ciò che cercavi, e questo ti ha avvicinato ancora di più alla tua dorata essenza.

Nuda a te mi sono mostrata, nudo a me ti sei mostrato. Questa è la chiave.

Ti auguro tutto il meglio che questa esistenza ti possa dare, e so che l'avrai: perché lo meriti e perché come sai, io so. Abbagliante è la tua luce e sarebbe un insulto a Dio offuscarla.
Buonanotte dolcezza. In qualunque mare, in qualunque fiume, in qualunque oceano, tu ora sia cullato e disperso.
Ti abbraccio denso e ti bacio, con la profonda felicità di saperti a soltanto due porte di distanza.
Ti adoro. MAdd.

STARLIGHT

Il mio primo duello in questa nuova terra ho combattuto per potere essere al tuo fianco.
Che tu fossi speciale, l'ho saputo dal primo momento che ti ho visto e che ti ho scelto.

Splendida creatura di Dio, e manifestazione evidente e brillante della Sua esistenza tra gli esseri umani, io ora a te scrivo.
Eccellente testimonianza del suo operato tra gli uomini, a te ora rivolgo questo mio sentire, costituito di una matericità sberluccicante e di un'essenza  effervescentemente speziata.

Preziosissimo dono al mio fianco sei stato da dolci ed abili mani posto. 

Di miele, come sono i tuoi capelli, vorrei che questa tua notte fosse ammantata. Algida, com'è invero la tua pelle, vorrei che la luce di questa luna nascente illuminasse suadente il tuo incedere. Talcato, com'è il tuo profumo di infantile innocenza e purezza che ti riveste, vorrei che fosse il tuo addormentarti esausto ma con altre e più profonde certezze nel tuo cuore. Pervasivo, com'è il tuo sguardo, vorrei che fosse il germinare della consapevolezza della tua grandezza.

LONDON MAILING, Redenzione

Talvolta le contingenze sembrano avverse.
Talvolta quello che ti circonda sembra travolgerti come un fiume in piena.
Talvolta ciò che ti accade sembra attestare il contrario del tuo sentire.
Talvolta il filato che ritenevi così prezioso sembra essere irto di spine, quasi a dirti che le tue scelte sono state avventate.
Invero, è un mezzo come un altro per sciogliere ogni tuo dubbio.
La tua tenacia, la tua ambizione, la tua caparbietà, il tuo coraggio, quello in cui profondamente credi, vengono ora messi alla prova.

Con i fatti.

Il destino non ti è avverso. Ti sta semplicemente mostrando, con il solo linguaggio che ti è comprensibile, quindi sanguinoso ed impattante, quanto tu credi in te stesso, nel tuo sogno ed in quello che fai.

LONDON MAILING, Nurse

Ragazzi ieri sera ho fatto la crocerossina.

Non come pensate voi (magari). A. s'è tagliato con un bicchiere lavando i piatti e io l'ho aiutato a medicarsi. Stella, si è fatto proprio un bello sbrego (termine medico). Medicazione di emergenza costituita da fazzolettino scottex contenente del cotone, e legato attorno alla mano con dello scotch di carta. Risultato sospeso tra il creativo ed il profugo. Gli ho suggerito di andare in farmacia a prendere qualcosa di più consono. L'ha fatto ed abbiamo rifatto il bendaggio (sottolineo che è tornato con bende e cerotti ma senza disinfettante: c'era l'acqua del rubinetto). Mi ha anche detto "Grazie per avermi fatto da infermiera". Purtroppo al momento non mi è venuto di rispondergli "Di solito quando lo faccio indosso un abito di latex e mi pagano in anticipo".

LONDON MAILING, Sore throat

Visto l'oggetto, può darsi che la vostra posta percepisca questo messaggio come spam.

Che invero di lussurioso non ha nulla. Ha solo la Costantino, che questa notte dopo essere andata a letto alle cinque e mezza per finire un lavoro, si è svegliata di poco più tardi con un bel tizzone rovente in gola.

Sono andata dalla mia amica farmacista che mi ha profilato qualcosa a base di benzocaina credo.
Un anestetico insomma. Non di quelli per cavalli di cui vi fate regolarmente voi (SpecialK_dipendenti).

LONDON MAILING, Si è alzato il vento

...questa notte.
Morbido. Fresco.

E' una notte speciale questa. Non so perché. Lo è e basta. Lo sento.
Qualcosa sta arrivando. E' scivolato dentro attraverso queste finestre aperte ed ora invade e permea questa stanza.

E' pienezza d'essere, a dispetto di un'esistenza complicata.
E' entusiasmo, è coraggio, è scintillante luce, è polvere diamantina.
E' qualcosa che mi è venuto a cercare e che è qui per me.
E' qualcosa che mi sta accarezzando da diversi minuti.

LONDON MAILING, Tower Bridge

Pomeriggio ho fatto un giro sul Tamigi: giornata dal sole quasi caraibico tant'è che mi sono abbronzata.

Disegnavo in riva al fiume. Sì, eccellente direi.

Vi narro quest'episodio: stavo disegnando, quindi come ogni volta che lavoro ero molto concentrata (alias il mondo potrebbe anche prendere fuoco che non me ne accorgerei). Sento però una cosa strana: una sirena, una sorta di allarme in lontananza. Penso solo "Cazzo che palle, anche qui questi antifurti." Penso anche "Strano, in un mese è la prima volta che lo sento." Alla reiterazione del suono mi infastidisco epidermicamente, dato che sta turbando il mio equilibrio zen. E che cazzo, mi sta distraendo. Quando ad un tratto, con la coda dell'occhio mi rendo conto di non avere attorno più nessuno, perché tutti si sono alzati dirigendosi verso il fiume. E li ho pensato: "Ma che cazz..." E poi ho visto: la sirena era quella del Tower Bridge. L'avevano aperto per fare passare una nave.

Morale 1: avrei preferito restare appesa sul TB mentre era aperto. Poi mi sono immaginata sfracellata nel mezzo mentre si chiudeva. (è vero, la mia mente funziona così)

Morale 2: la nave che è passata era più bella del TB aperto. Mi ricordava quella di mio fratello con cui giocavo da piccola.

Morale 3: è proprio vero che le cose capitano a chi non gliene frega un cazzo.

Morale 4: mi è venuto in mente C., il mio coinquilino, a cui era successa la stessa cosa tempo fa e che aveva avuto la mia stessa reazione di indifferenza.

Morale 5: quando sono tornata a casa C. stava guardando la Famiglia Addams, rapito ed estasiato.

Morale 6: io e C. non siamo solo due cazzoni che si sono trovati, ma anche anime gemelle. Peccato che abbiamo gli stessi gusti, e questo è un dettaglio, per una volta tanto, assolutamente imprescindibile.

Oggi non mi vengono insulti dal taglio farmaceutico.
Che poi sono il mio modo di dichiararvi il mio amore.

Da Sainsbury c'era il Tanqueray in offerta: sono stata una cogliona a non prenderlo.
Non cercate un filo logico in tutto questo. Se mi conoscete sapete che non c'è.

Vi lascio con questa riflessione: "La pornografia, sovente, sconfina nel grottesco."

Vi aspetto tutti nudi in aeroporto.
Ovviamente con le mani in tasca.

Love
MAdd ;)

PS per T.C._55: questa è una mail collettiva che spedisco ai miei amici, a mia sorella e a mio fratello (questi ultimi due puntualmente o hanno la posta piena o non la leggono). Il tenore della comunicazione è più o meno sempre questo. Talvolta anche più volgarmente connotato.

LONDON MAILING, Mentre voi...

...state a dilaniarvi di crack in supposte, facendovi contemporaneamente fumenti a base di nitrito di amile nonchè flebo di Tanqueray (beati voi), la creativa da forma e vita a quanto oggi le è passato per la mente. Nello specifico una maglietta. Ancora più nello specifico inerente la masturbazione (argomento tanto caro).

Ancora più nel profondo l'abuso e l'ironia, congiungendolo con l'impossibilità di trovare il principe azzurro.

LONDON MAILING, News da Clapham

Chiedo venia per la latitanza, ma il fiume di cazzi da districare è sempre in piena.
Ho poco tempo da dedicare a me stessa e purtroppo anche a voi, ma cerco comunque di farlo.

Ci tenevo vedeste (coniugato correttamente?) la mia stanza: sta iniziando a prendere forma, nello specifico la mia. Ho trovato un posto fantastico che vende stole, con cui fanno i peluche, a prezzi ragionevoli: questa camera diventerà nel tempo la più kitsch di Londra. Non è facile ma penso di riuscirci. ;)

Le foto purtroppo non rendono nel cromatismo (è di un colore fuxia sgargiante), ma non avevo il tempo di sistemare flash e quant'altro.
Giocate con i cromatismi della vostra creatività. ;)

EGO NOS ABSOLVO

Ego te absolvo.
Alla mia diletta lacerazione ora io scrivo e mi riferisco.
Ego te absolvo.
A Mr Swallow ora io scrivo e mi riferisco.
Ego vos absolvo.
Ad entrambi io ora sto parlando.
Ego nos absolvo.

A voi due sconosciuti che avete in me avete incosciente denominatore comune, io mi rivolgo.

Di fronte alla reiterazione della manifestazione, del messaggio, delle coincidenze e delle conseguenze. Vista la vostra pregnanza collosa nella mia esistenza, che trascina, sospinge e insinua stille quantiche di nostri trascorsi e che quotidianamente gocciola nel mio incedere.

ANDROGINO o Coincidentia Oppositorum

Sapevo che non avrei dovuto comperare Lord Tanqueray.

Non per una questione di prezzo. Semplicemente perché si insinua e rende voragini, ciò che sino all'atto precedente la metabolisi, erano semplici, o quantomeno gestibili, intercapedini.

Come ha sottolineato mia madre, questa è un'estate strana: una di quelle che credo resterà negli annali. Singolare oggi anche il tempo a Londra: c'è afa, e più che camminare lungo Clapham High Street, sotto questo sole perfettamente definito e pregnante, anche nel suo calore, sembra di stare a Miami.

Questa notte la vampira ho visto sorgere il sole prima delle tre. 

Giusto per affondare meglio questa lama incandescente tra le mie carni, ho scelto di mettere come sottofondo "By your side" di Sade. Straziante. In fondo sono più vicino di quello che pensi. Molto vicino. Non mi chiedo se si possa metabolizzare un amore, per quanto il termine amore lo trovo limitativo in questo frangente. Preferisco che sconfini nell'eccellenza, nella perfezione e nella simbiosi nel senso positivo del termine. La simbiosi, dal greco συν ossia "insieme" e  βιος, ossia "vita", nei termini più generici è la stretta relazione fra oggetti, azioni o persone diverse, al fine di

A TUTTE LE MIE DONNE

A tutte le mie donne scrivo ora, in questa notte densa di un'implicazione londinese. A tutte le mie donne ora mi riferisco, in questa notte dove l'alta influenzatrice, colei che femminea ammalia e regola, ha appena posto il suo nuovo sigillo nel cielo.

A tutte le mie donne è ora rivolto il mio pensare.
A tutte le mie donne.

A quelle che questa sera ancheggeranno etiliche in una discoteca. A quelle che stravolte dal lavoro esaudiranno il loro odierno procedere ed inseguire, in un talamo morbidamente condiviso e maschilmente rivestito, e a quelle che si avvolgeranno nelle coperte per cullarsi nel loro stesso calore e cercare in esso il vero cammino. A tutte quelle che condividono il letto con una umana debolezza e con il loro demoni. A quelle, poche, che non bevono. A quella donna che dice di reggere l'alcol e poi devi recuperarla dalla strada per non farla investire ricevendo in cambio un bel vaffanculo. A quelle con cui ho condiviso segreti. A quelle donne con cui ho condiviso un sigillo di ceralacca, un A ed una E preziosamente e doviziosamente ricamate con le nostre stesse mani e poi cucite sui rispettivi abiti. A quella donna con cui ho scoperto, chiacchIerando, di avere un conto in sospeso con Londra. A quella donna che spacca rose in testa al futuro fidanzato. A quella donna che mi ha cacciato in un bel cazzo di casino. A quelle donne con cui ho condiviso uomini. A quelle donne che non parlano con le loro madri. A quelle donne che mi hanno mostrato quella parte di me che mi ha permesso di essere qui ora e che un giorno mi porterà dove è scritto. A quella donna a me tanto vicina anche nel sangue, che mi fischia in un orecchio stordendomi, camminando in spiaggia a Santo Domingo. A quella donna che, non si è capito bene ancora come, ha inventato a Sharm il gioco del cerchio, trasformando un tranquillo Hard Rock Cafè in un bordello. A quella donna che ha vendicato un volo in bicicletta elargendo sonori ceffoni. La stessa che si fidava di me, a sedici anni neanche compiuti, al punto di lasciarmi andare in giro ad Ibiza con persone appena conosciute. Alla donna che mi ha dato la vita e che con il suo stesso sangue mi ha nutrita. A quella donna che a 10 anni mi ha messo una sigaretta in bocca e che ad un paio d'anni mi ha fatto cadere nelle ortiche, cercando invano di distrarmi mentre era palese le venisse da ridere. La stessa donna che mi ha insegnato sempre al parco, pochi anni dopo, a bere a canna (oltretutto da una bottiglia di un'altra bambina). A quella donna che in Grecia, chinandosi sovrapensiero a ponte senza mutande (perché le danno fastidio), ha donato un bonus extra di 20 anni di vita ad un ragazzino. A colei con cui una notte abbiamo rischiato un paio di manette ai polsi. A quella donna senzaterra di cui invidio, ogni volta estasiata, la splendida chioma. A quella donna che mi ha permesso, in una notturna conversazione, di comprendere e poi esplicare, le relazioni degli amanti. A quella donna che mi chiedo tra quanto salirà su quell'aereo, perché il posto dove vive con lei poco ha a che fare, e dove questo la porterà. La stessa donna in compagnia della quale le mie mani diventano di burro e fanno cadere preziosissimi gin tonic, nella migliore delle ipotesi in terra, altrimenti negli stivali e sui jeans di altre due compagne di merende. A quella donna che cerco di toccare mentre guida e a cui, di fronte ad un diniego, le chiedo se posso succhiarle il cambio. A quella donna che cerca fin nell'ultimo dei suoi recessi i fili della sua femminilità, e che con pazienza e coraggio, ha intessuto un filato di preziosa fattura. A quella donna che ha intrapreso un cammino insolito, e di cui ha solo piccola consapevolezza di quanto lontana la porterà. A quella donna che è difficile de-scrivere e circoscrivere qui ed ora. A quella donna che cerca negli uomini che incontra, colui che la porterà all'altare, e che ora ha com-preso quanto l'esperienza sia evidenziazione di un vissuto in primis personale e poi declinabile nella ricerca e nell'evoluzione. A quella donna che in una strana commistione feromonica e chimica mi lascia odore di sesso addosso. A quella donna che ogni volta mi sottolinea quanto tempo fa era un'altra persona, e a cui io rispondo che ho sempre visto ciò che è ora. A quella donna a cui piacciono le istantanee sulla Valassina. A quella donna che mi chiede di farle sentire il mio profumo perché ne ha bisogno. A quelle donne con cui, grazie ad un dono dell'ubiquità, abbiamo passato notti assieme. A quella donna che mi chiama a mezzanotte per uscire. A quella donna alchimista, capace di fare eccellenti pozioni per sciogliere e sbloccare, e che dubita ancora del suo talento e del suo cammino. A quella donna che mi ha chiesto un segno indelebile sottopelle. A quella donna, che quando l'ho vista per la prima volta, mi è parso di vedere una mosca nel latte, chiedendomi cosa ci facesse in un posto a lei, ed a me anche, veramente poco consono: ora ho capito, eravamo lì l'una per l'altra. A quella donna che mi ha aiutato a svestirmi di vecchi e logori abiti consunti, dandomi in cambio una veste luccicante. A quella donna tra le cui braccia ho pianto come solo con mia madre ho fatto. A quella donna che ha assistito a cambiamenti dalla portata cosmica, e che sempre è luce sul mio cammino. A quella donna che mi ha versato da bere migliaia di volte, e che è stata una stella polare nel cuore della notte. A quella donna a cui non auguro a nessuno di pestarle la coda. La stessa donna che ha uno sguardo disincantanto sul mondo, e che negli anni ha dovuto parare colpi da tutte le parti: quella donna che non contempla la procreazione, ma dalla cui anima ho visto scintillare tutto l'amore e la dolcezza di cui un figlio ha bisogno. A quella donna, che pur conoscendola da anni, nella mia esistenza è recentemente entrata e ora nel mio cuore assieme a tutte le altre è seduta. A quella donna che mi ha sempre ascoltato con sincero interesse e che mi ha sempre sostenuta. A tutte le donne che mi hanno ferito e deluso. A tutte le donne che mi hanno medicato. A tutte le donne che non mi hanno mai giudicato e che con me hanno condiviso la fatica e il piacere del viaggio. A tutte le donne che ho visto piangere. A tutte le donne che mi hanno riportata a casa e che mi hanno vista fare i numeri per infilare la chiave nella toppa. A tutte le donne che alla cognizione della mia partenza hanno avuto un attimo di smarrimento. A chi della mia partenza ha saputo ancora prima che glielo dicessi esordendo un sabato sera con un "Ma dove cazzo pensi di andare tu a settembre?". A quella donna che mi ha accolta nella sua casa quando Luca se ne è andato, offrendomi calore, ascolto, amore ed un bicchiere di vino bianco con Rescue in dose massiccia. A quelle donne che di me si sono fidate. Alle mie guerriere. A quelle donne che so che con me saranno per tutta questa vita e che hanno rispettato l'appuntamento. A quelle donne che saranno delle splendide madri, e a cui figli racconterò l'irraccontabile. A quelle donne che percepisco come un'estensione di me, tanto l'affinità è grande. A quelle donne che con me saranno al World Press Photo, alla Tate ed al MOMA (sbronze, ovviamente). A quelle donne che cercano l'amore e a quelle che l'hanno trovato. A quelle donne che stanno ancora cercando se stesse. A quelle che non si sono mai allontanate. A quelle che non sento per mesi. A quelle che conosco da quando ho memoria. A quella donna che ho portato al pronto soccorso perché temendo di restare incinta si era presa una quantità improponibile di estrogeni. A quelle donne che conoscono tutte le mie implicazioni e complicazioni. A quelle che sono già madri. A quelle che lo saranno. A quelle donne che mi hanno mostrato il loro dolore e la loro sofferenza, e gli splendidi fiori che in mezzo a tutto questo sono riuscite a coltivare. A quelle donne le cui maschere non sono riuscita a sciogliere. A quelle donne che conoscono Marta e che hanno visto nascere MAdd. A quelle donne che aspettavano con impazienza questo pezzo.

E questo testo che mi sembra, e sempre mi sembrerà ancora così incompleto, tanta è la vostra pregnanza.

MR SWALLOW

Difficile di te svestirmi ora e lontano dalla mia intenzionalità. In deprivazione di pretese ed in circostanze come di sguardo obbligato a soffermarsi su improponibili raffronti, rifrango ora la tua essenza, attraverso le vesti delle sensazioni e delle emozioni. L'efflorescenza oramai profumata e germogliante al mio cospetto si è posta come schianto sordo. Lacerazione profonda e voragine di mancanza di te. Rileggo preziose e dorate parole tue, nel narrare di quanto il fato, a tuo dire, si possa essere divertito. Rileggo quanto da te enunciato in merito al tuo sentirti vivo e non sopravvissuto.

A TUTTI I MIEI UOMINI

A tutti gli uomini che sono entrati con prepotenza nella mia esistenza, lasciando un frangente di sè dalle vestigia morbide e suadenti. A tutti gli uomini che mi hanno mostrato la loro anima, e che in una piccola morte hanno permesso a questa di fondersi con la mia. A tutti quelli che non hanno mai avuto la volontà e il coraggio di mostrarsi per quello che sono e che si sono nascosti dietro maschere di cera. A tutti coloro che il mio cammino hanno incrociato anni fa, e che tutt'oggi sono al mio fianco. A chi è appena arrivato e con dolcezza, passione e spontaneità al mio fianco si è seduto ammaliato dal mio profumo. A chi si è portato addosso il mio odore per giorni e a chi, in una prova egocentrica insostenibile, se l'è lavato di dosso tre minuti dopo. A chi mi ha teso una mano irta di spine, sofferenza, dolore ed inganno. A chi una mano al mio fianco l'ha cinta affinché io non abbandonassi il talamo. A chi mi ha svegliato per fare l'amore. A chi in una sospensione eterico onirica quella mano

SETTE

Desinenze di aurei filamenti. In paradossali e fertili conciliabili trascorsi. Inspiro metabolica essenziale aura di te. Come pervasiva tattile luce. Idolatrici simboli di con-fusione amalgamati a collante emotivo di densa e alchemicamente distillata trama. Buonanotte, ovunque tu sia.

BOIS D'ARGENT

Perché la quotidianità si veste sempre di complicazioni. Perché l'eccezione tanto inaspettata quanto a priori incontemplata per la sua ironia, indossa puntualmente abiti seducenti. Perché da quando ho smesso di cercarmi casini, hanno iniziato loro a venirmi a prendere. Il dramma, perché di questo ha la morfologia, è che è tutto amalgamato da una dolcezza pervasiva ma assecondante, e che quindi necessariamente mira ad invadere e permeare. Vorrei tanto poteste vedere la mia espressione ora: incredula, affascinata ed ebete. Con gli occhi ancora sgranati, di fronte a questo magistrale scherzo del destino.

Ora è veramente spessa. Ci sarebbe molto altro da dire su questa trama di fili tirati con precisione micrometrica in un suadente tranello intessuto da energie sottili.

Ma l'unica cosa che ora mi viene, è che adesso sono veramente cazzi.

DICIANNOVE

Scrivo ora postuma, ancora intrisa, di un sentire indotto ed etilicamente assecondato. Di un implicare dedotto della cui permanenza porto ancora esfoliazioni animico-epiteliali come nera china di altissimo pregio e virtuosa essenza. Del tuo arabesco che connota e denota persino lembi a te cinti con narcotiche strette di estrazione feromonica.

Scrivo ora, con ancora adesa una deprivazione di indolenza, che non semplifica, poichè implica il mio narrare. Eterica, come in un raffinato alchemico procedimento che ha tinto di un viola  filaccioso e materico ogni vano tentativo di Morfeo di insinuarsi.

LEATHER NIGHT

Ed io questa notte volgendo lo sguardo la tua figura ho incontrato. Vestita solamente di un nero riconoscimento bivalente che cingeva un tuo polso. Ed io questa notte volta ed avvolta tra le spire ed il caldo abbraccio di Lord Tanqueray ti guardavo indossare quel riconoscimento e quella parte di me, a me tanto cara, che ora, con un coraggio disumano con te porti quotidianamente in una d'amore dichiarazione. Mia diletta lacerazione, ora io ti scrivo. Il destino clemente mi permise in un recente anfratto di potere sussurrare alle tue orecchie ciò che da secoli era sedimentato nelle reciproche animicità. In questa notte insonne, preludio ad un cambiamento dalla portata cosmica, io a te scrivo, mio dolcissimo amore. Sempre con me ti porterò. Sempre con me tu sarai. Perché come un giorno tu mi hai scritto, io sono quella che ti è dentro. Sono quella che si è sgretolata, ed implosa, più di un lustro fa, alla cognizione del tuo impegno. Sono colei che ri-conoscendoti, e vedendone la subitanea impossibilità ad essere, ha lasciato comunque che tu pervadessi la sua esistenza. Credo tu abbia idea di quello che sento rimestarsi, nell'ultimo dei miei anfratti, ogni qualvolta il pensiero a te è rivolto. Reciproco reimpasto di anime. Rifletto, nel vedere il suggello a te adeso, sulla tua pelle porti un pezzetto di me. Rifletto nel vedere il tuo coraggio nel portare ogni giorno incollata come seconda pelle, la tua diletta lacerazione. Rifletto nel vedere quale forte messaggio inequivocabile sia questo tuo agire e quale dolce sussurro e nutrimento sublima e si evidenzia. Ebbene ora io ti scrivo, affinché tu possa averlo come certezza, ed a questo attingere anche quando più lontana fisicamente sarò, mio diletto io ti amo come forse mai ho amato in vita mia. Di un amore unico. Di un amore in questo frangente impossibile. Ma ogni volta che vorrai passare di qui, e tornare nel tuo palazzo della memoria, potrai vedere quel volto che accarezzasti l'ultima volta che ci incontrammo. Quegli occhi che persi nei tuoi, non credevano a tale grazia destinale. Ironico, fu, nella notte degli innamorati. Io so molte cose. Le stesse che tu senti e che hai sempre sentito. Le stesse, che in un pretestuoso tuo addormentarti, ebbi modo di narrarti senza avere l'incombenza di una immediata ed insostenibile risposta o reazione. Quella notte, a cui a me ti sei concesso e a cui a te mi sono concessa senza mediazioni sintetiche, un gioco d'alta magia ebbe luogo. Potei togliere un fardello secolare dal peso della mia anima, narrandoti quello che recentemente avevo appreso su di noi. Noi, dolcezza. Noi. Suona bene. E tanto suona bene quanto reciprocamente lacera. So quello che senti, perché nella stesso luogo dimoriamo. Perché infinite sono le notti che abbiamo passato assieme, a dispetto dello spazio che ci separa, risvegliandoci con l'alterità intrisa nelle nostre pliche. Mi sono svegliata con il tuo calore ancora tra le mani. Con il tuo odore addosso. Con il tuo sguardo che ancora mi vestiva. Ovunque andrò, chiunque io incontrerò, tu sarai sempre come linfa vitale che in me scorre e per sempre scorrerà. Ancora, portalo come certezza. Ti amo. E nel tuo sguardo, di te appoggiato ad un muro che scalzo mi accogli, io ancora mi perdo. Nel mio potere accedere a quell'incarnato che per lunghissimo tempo fu solo miraggio e ricordo vivido. In questa notte, che di me è pregna e in cui l'universale incedere incombe, a te il mio cuore pongo tra le mani.

Di quella notte, come di tutte quelle assieme trascorse, di te porto ancora tracce di dna in circolo come feticcio amoroso e come certezza. Del mio bere te di eterna dolcezza. Ed ancora, pensando a quell'uomo e a quell'amante che mi chiese perdono per essersi addormentato dopo essere tornato alla sua dimora, io rivolgo un dolce e cromaticamente saturo rimembrare: a quell'uomo, a cui concessi il mio perdono per tale umano, dolce, abbandono, e al quale chiesi se a sua volta mi avesse perdonato. E di quei secondi che precedettero la risposta, che mi parsero lunghi quasi quanto i secoli che ci hanno separato, io serbo ancora il tuo sguardo: uno sguardo che qui mai ebbi modo di vedere ma che al contempo mi fu familiare. Ed il tuo diniego, fu, paradossalmente, una dichiarazione d'amore. Non ho dubitato neanche per un istante del tuo ascolto: ho lasciato comunque tu potessi indossare una veste, poiché insostenibile avrebbe potuto essere ciò che stavi per udire. Un dichiarazione d'amore come l'indossare, in ogni secondo, la mia essenza. C'è dell'altro. Ma non ora mio amore. Non è ancora il momento.

Ti amo e ti adoro mio diletto. Io e te, sappiamo cosa scorre nelle nostre vene. Ci scioglieremo, uno nell'altro.

Ti amo, mia diletta lacerazione.

La tua FP.

TRENTUNO OTTOBRE

Come al solito in un ritardo inaccettabile. Ben oltre il quarto d’ora accademico. È l’ultimo giorno di ottobre, sono le dieci e mezza di sera, e stiamo dirigendoci ad un evento a cui siamo state invitate in una maniera alquanto singolare: via mail. Ma la questione non è tanto questa. Quanto il fatto che non conosciamo assolutamente nessuno. E nello specifico nemmeno chi ci ha invitato, anche se forse, paradossalmente, dovremmo. Questo ritardo sembra non giocare assolutamente a nostro favore.

SEIZEROTRE

Nulla. I tuoi occhi non possono decifrare alcuna morfologia. Tenebre cosmogoniche come sipario ad una reazione nucleare imminente. Seppur tese, le tue orecchie non odono suono alcuno. Un silenzio denso ed assoluto, quasi vischioso permea tutto ciò che ti circonda. Il vuoto atomico. Il tuo olfatto non coglie aroma in quest’aria fatta di una matericità pervasiva, quasi che fosse pregna di essenza e di potenzialità. Il tuo tatto è sospeso: la sola illusione di certezza è di avere i piedi saldamente ancorati al suolo. Nessun sapore come ultima testimonianza di un recente trascorso nella tua bocca.

NON DIRE ETERNO

Iniezioni ipodermiche di sismiche e feromoniche scosse, incrementate ed ammaliate dall’incedere di un tempo non quantizzabile ma che procede sospinto da onde come di marea, e che trasforma invece particelle di materia perfettamente quantizzabili e riducibili e riconducibili in un susseguirsi virtuoso a pura energia. Scrivo ora, con ancora marcatamente e volutamente indosso ed in propagarsi, dna della tua essenza. Scrivo ora, con in diffusione stille colanti attorcigliate di tuoi filamenti iridei come crepitanti scintille narcotiche. Con ancora impresso nella retina il cromatismo dei tuoi caratteri sessuali secondari della densità e profondità della notte marchiati. Di circumnavigazioni di inchiostro sottopelle in grovigli corvini che indagherei implicando con dovizia, come accurato e preciso strumento di indagine, la mia prima forma di contatto con il mondo, ma che mai esplicherei. Spalmati

EPILOGO

Non credo di non capire. Questo lo fanno gli esseri umani; io appartengo parzialmente ad un’altra razza. Una stirpe ed una dinastia che nei secoli ha abilmente affinato le proprie capacità ermeneutiche, distillandole dalle esperienze e dai fiumi di sangue versati e visti versare. Ancora, ho letto nel cuore e nell’anima di chi al mio cospetto si è posto. Ancora, ho parzialmente celato la visione in virtù di un’esigenza profonda che cerca nei recessi dell’interlocutore quella luce che lui stesso non è in grado di scorgere. Tu non vorresti sapere che cosa ho visto scrutando con imbarazzante semplicità ed evidenza tra i tuoi talami ottici. Con raffinati sensi ipereccitati

LUCA

I primi tempi, quando la tua dipartita era cosa ancora pregna della tua controvertibile presenza, era straziante, entrare in un locale ed avere la matematica certezza che non avrei più incrociato il tuo cammino. Disarmante certezza alla quale opporsi era puro gioco al massacro. Successivamente, quando cercando negli sguardi attorno a me, mi capitava di trovare somiglianze con le tue fattezze, riconobbi in questa fenomenologia della perpetuazione del sentimento tragico dell’esistenza, una probabile, umana, sublimazione materica della tua mancanza.

Solo con il tempo ho compreso, che invece quelle persone erano dei semplici veicoli: ti prestavano uno sguardo, per una manciata di secondi, affinché io potessi sentirti vicino, ed anche solo per un attimo, guardarti ancora negli occhi.

INTERMEZZO, Parte XII

Quando la vodka che rovesci è più di quella che riesci a bere, forse è il caso di smetterla. O forse è il caso di posare il bicchiere in un posto comodo e di muovere il resto del corpo funzionalmente alla suzione.

PREFICHE

Questa notte l’Es ha prelevato lo scettro dalle mie mani con grazia pregiata. Maneggiandolo con destrezza esperta, quindi con esito assolutamente naturale, ha dato cromatismo scarlatto, materialità fluida e origine organica a metamorfosi inconsapevoli sublimate in impazienza ingenerata da stasi feconda.

Assisa al vertice di un edificio. Nono piano. Giorno. Le mie gambe che ciondolano nel vuoto. Per un istante, sola: una frazione infinitesimale di secondo, il tempo necessario per comprendere con onirico istinto dove sono. Ed alla mia sinistra ora c’è un uomo molto vecchio, magro e sorridente. Si siede anche lui. Ha 96 anni. Ogni informazione, in questo frangente, è una verità rivelata ed assimilata come tale. Gli sorrido, a mia volta, mentre continuo a muovere fanciullescamente le gambe che pendono a quest’altezza vertiginosa. Non guardo giù, continuo a guardarmi attorno: solo cielo, cemento e ferro.

SEHNSO DHENSO

Destino ed istinto sono intimamente legati.

Esacerbante e fecondo incrocio di due creature, deciso dalla sorte ed intrecciato con deliberati e preziosi filati di luminosità aurea, di calore cardinale, e di purezza e consistenza diamantina. Predestinata intersezione dalla portata sismica e magmatica, che con la sua stessa forza avrebbe smosso tali e tante questioni, incatenandole e concatenandole beffardamente con ganci di sberluccichi platino, ai lembi delle esperienze vissute sinora, ed alle innumerevoli, floride e prolifiche mutazioni ed evoluzioni.

PASTICCINO, Parte II

È difficile vestire ciò che ingeneri. Sei creatura estremamente rara ed altrettanto preziosa. Sei sintesi neurochimica performante che da intenzione e tensione cosmogonica sublimi in morbida e tattile materia. Sei testimonianza di un’esistenza superiore. Sei una preghiera che prende forma e vita. Sei un sussurro recitato come mantra che diviene flusso di volontà sincronico.

PASTICCINO, Parte I

Avvolta ancora nel tuo sguardo, profondo e perturbante che ho indossato tutt'oggi come seconda pelle. Stille della tua essenza, che respiro col tatto e con ogni frangente in cui sei dolcemente scivolato. Sento pulsare vita, là dove un intento creativo, diviene diamante di eccellente e preziosa alchimia umana.

INTERMEZZO, Parte XI

Questa notte ho sognato l'Innominabile. Sveglia, con ancora il calore della sua mano dentro la mia. E con le pliche ed i sentieri ancora segnati da tale dolce e decisa morsa che dal semplice amante sembrava spingersi simbolicamente oltre, fino a giungere quasi a presenza, appartenenza e protezione. Sogno che mi lasciò abbastanza basita e perplessa: in primis per la nitidezza e la vividezza dello stesso, sia al momento che a fortiori.

Ma soprattutto per il gesto.

Dell'Innominabile. penso di avere avuto di tutto, infilato in ogni dove, fuorché una mano nella mano.

ROSA BARBIE

Con ancora indosso questi undici centimetri di tacco, che con il loro significante hanno decentrato il tuo baricentro, ti scrivo. Con ancora indosso cellule della tua essenza come argentata polvere organica, cerco di inchiodarti a questa pagina. Con ancora intriso il tuo sguardo nel mio, in un abbraccio tanto desiderato quanto assolutamente illegittimo, cerco di ancorarti a questo frangente a righe. Non avrei mai detto saresti finito qui, involontariamente adeso su questi fogli. Inconsueta scoperta, accezione nemmeno lontanamente contemplata: per questa ragione così disarmante. Mi trovo a desiderarti al mio rientro, in un’illusione di proattività presto delusa dalla tua assenza. Forse, sarebbe bastato chiedere.

LONDON CALLING, Parte III

London. City. Liverpool Street. Friday. Early in the night.

Mi è appena arrivato uno schizzo di vomito sui pantaloni. Non mio. I pantaloni sì. Almeno è fresco. Nello specifico vodka. Io amo Londra. È stato prodotto da una ragazza a breve distanza dal coma etilico. Ci siamo sforzate di non ridere quando uno dei commessi del locale, durante la pulizia del pavimento da quel cocktail di succo gastrico e vodka, ci ha guardato e detto con marcato accento maccheronico: “Vanno negli altri locali, si ubriacano, e poi vengono qui e vomitano”. Avanzo di femmina tosto caricata con gentilezza su un taxi da due poliziotti, che mentre cercavano di convincerla a seguirli, smerlocchiavano. A mia volta smerlocchiavo il loro culo immaginandomi l’agente biondino deprivato della sua divisa, ma non di un paio di panties neri e aderenti, che con un bel sorriso, guardando dal basso all'alto mi sarei accinta a sfilare in prospettiva frontale.

Passaggio di testimone a tre ragazzi in giacca e camicia. La cravatta, nella più remota delle ipotesi è ancora attorno ai polsi di una spogliarellista, nella peggiore attorno al collo freddo sempre della nostra protagonista, mentre nella più plausibile, galleggia tra piscia e vomito nel cesso intasato di qualche pub. I tre, avvicinandosi a noi con una banalissima scusa, dimostrano invero creatività, affermando che le mie ciglia sono finte. Con la complicità dell’amico chiedendo conferma e con rara abilità prestidigitatrice facendomi chiudere per la seconda volta gli occhi, dolcemente e delicatamente elargisce un bacio a stampo sulle labbra della sottoscritta. Che come al solito ci è cascata come un tonno. È mezzora che fa pernacchie: gli uomini sono uguali in ogni parte del mondo. Cambiano solo i tratti somatici.

LONDON CALLING, Parte II

La verità è complessa. Se sinora non ti sei ancora resa conto di come è costituita, dei suoi molteplici aspetti, della sua sostanza, pur avendola sotto i tuoi occhi, seppur bendati, tutti i giorni, allora è altrettanto inutile che tu la sappia, perché comunque non la com-prenderesti.

INTERMEZZO, Parte X

Nello specifico, come da buona tradizione, vivendo cose che sconfinano ampiamente nel surreale. Pare essere materia mia ben maneggiata con esperienza decennale.

FRAGRANTI EFFLORESCENZE, Parte II

Scorre.
Sotto.
Pelle.
Latente.
La.
Consapevolezza.
Sublima.
Epidermicamente.
Imperla.
Di.
Sudore.
Viscerico.

FRAGRAMTI EFFLORESCENZE, Parte I

Sto germogliando. In una metamorfosi di sublimazione alchemica.
Tra secchi e spezzati rovi spinosi, appuntiti come spilli d’acciaio, e infiorescenze incubatrici di ovulare fecondità materica. In uno scenario ambivalente di devastazione post-atomico, ed al contempo fresco, iridescente e sberluccicante.
Incubazioni come accoglienti pliche uterine. Stessa fluidità. Stesso calore. Stessa umidità
Ma quant'è dura fare passare questi germogli oltre i residui arrugginiti ed erosi dell’armatura.
Basterà sospingerli via con dolcezza, con la neonata, luccicante, livrea.

ESTIRPAZIONE ANIMICA

Esattamente quattro anni fa, ero su un aereo con il cuore in mano, una voragine in petto e gli abiti intrisi delle mie stesse lacrime. 
La mia anima era stata sradicata a forza dalla sua dimora. Una mano ancestrale ci si era fiondata e con una forza sovrumana l’aveva estirpata. 
O forse, più semplicemente, mi era stato dimostrato, che a dispetto di quanto pensassi, ne possedevo una.

DEPRIVAZIONE SENSORIALE

Credimi, la cosa mi ha lasciata, non tanto perplessa, quanto ulteriormente consapevole delle molteplici realtà che esistono. Cosa strana, ho ricevuto una dichiarazione di un amore spassionato e inconfessato, ma sempre somministrato in piccole dosi vestito da scherzo. Otto anni, mi è stato detto, di corteggiamento serrato. Una frase, una frase che attestava come la mia presenza al suo fianco fosse già sufficiente per stare bene, senza il desiderio di spingersi oltre e possedere quanto agognato per anni. Questo ed altro. Frasi dette però, senza alcun vero movimento passionale. Movenze e gestualità meccaniche, alternate ad un ridolino che trasformava, anzi mediava, tra l’inconscio del bambino e l’adulto, che non aveva la benché minima idea di come relazionarsi a me e tanto meno alla situazione.

Mi è dispiaciuto molto. Ma non per l’atto non consumato, fondamentalmente chi se ne frega, quanto per la visione assolutamente fredda, veloce, limitata, sterile, parziale, cieca, meccanica e morta del sesso.
Che tristezza.

INTERMEZZO, Parte IX

Milano. Terzo giorno di primavera, anno Domini duemilaecinque.
Lieta di avere avuto conferma di non essere rintronata e di essere in grado di accorgermi se qualcuno mi segue.
Altro capitolo nella sezione squilibrati-attratti-dal-radar-sempre-funzionante. Come da copione. Uno che, fermandosi alle apparenze, non per un pre-giudizio ma perché non ero interessata ad approfondire la conoscenza, nella migliore delle ipotesi ruba macchine e le smercia all'estero. O in un’altra, non meno plausibile, traffica con corpi umani in tutte le loro possibili declinazioni di mercato: dalla prostituzione agli organi.
C’è un’aura che circonda le persone che dice di loro molto più di quanto non facciano fiumi di parole.

SMS, Parte IV

Non lo so cosa faccio stasera. Cercherò di evitare il suicidio.
Se ci riesco, o vado in tana o resto a casa a farmi iniezioni ipodermiche di psicanalisi.
Forse è meglio una vodka.

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Lady Wiborowa e sincerità: uno tra i miei cocktails preferiti.
Assieme a Lord Tanqueray e molestie sessuali.

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Una è insignificante. L’altra rincoglionita. Non è che si vada molto lontano.

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Direi che con una bella vespona che ti si incastra tra i capelli il lunedì mattina, la settimana si prospetta quantomeno eccitante, no?
Almeno non mi ha punta.

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A pasqua vieni a mangiare l’agnello col cui sangue abbiamo imbrattato gli stipiti della porta di casa al fine di preservare la vita di nostro fratello primigenio dall'ira di Dio?

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Ti pettini con i trucchi? Che fiori di Bach ti ha datto A.? A base di crack?

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Come va il tuo appuntamento al buio? Sei già a pezzi in un baule? Sarebbe grottesco. Potrei anche scriverci un libro e lucrare su questa cosa. Dipingendoti come la Goretti di Meetic.

SMS, Parte II

Ho camminato sotto la pioggia indossando il peso dei miei lavori.

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Delle ferite che copiose versano di quel sangue che nutre la terra, affinché il talento possa trovare la via e l’agognato nutrimento per germogliare.

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Se chiudi gli occhi puoi sentirmi. Respirami. È ciò che volevi. Ciò che hai chiesto. Come risalire da un girone infernale. Come prima boccata che infrange e fende, dopo apnea immemore.

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Evoluzione. La chiave è quella. Metamorfosi personali.
Trascendo e scambio con le circostanze. Nei limiti. E dove si può, oltre.

SMS, Parte I

Notte di vicoli stretti e di pozzanghere nere, nelle quali, immerse quasi fino ai polpacci, ci lavavamo reciprocamente via il fango di dosso.

La magia di sviscerare qualsiasi argomento e l’approdo a nuove percezioni instancabilmente mutevoli. L’empatia tra intelletto e sensazioni.

Non è questa forse perfezione?

Forse non è tanto nell'identificare o nell'addossare le colpe, proprie e/o terze, una chiave per varcare le soglie, quanto nella soddisfazione o meno del risultato di ciò che si è, si trattasse anche del frutto di sangue quotidianamente versato, tramutato quasi per sortilegio in passioni.

Le tue parole puntualmente, riemergono ad illuminare il mio cammino e sospingono porte impercettibilmente schiuse.

Sei alchimia tra emozione ed intelletto.
Sei stimolo che diviene nutrimento.
Sei paradosso che da trascendenza si trasforma in corpo.

Esulto, al pensiero che tu stia calpestando questa terra, qui e ora.

Sei infiniti semi, ed al contempo, terra fertile.

BIANCO E NERO

Sogno di essere in una casa. Spoglia. Scarna. Bianca. Un alloggio di fortuna. Pur di potere stare assieme, io e te.
Sogno che rientri dal lavoro. Un lavoro anche quello di fortuna. Siamo fondamentalmente due poveracci.
Il ricordo più forte è il mio braccio: il sinistro. A parte le mura, non c’è assolutamente nulla in questa casa. Anche il bagno, dove siamo è spoglio. Stretto e lungo. Con piastrelle quadrate bianche. Un lavandino al di sopra del quale è appeso un una sorta di scolapiatti, bianco anch'esso. Della stessa fattura degli stendini di una volta. Ed anche lì, il vuoto.

INTERMEZZO, Parte VIII

Ho bisogno di sentire la sfera di questa penna scivolare sulla seta di cotale carta.
Dati questi assunti, è ovvio che il risultato siano puttanate.

CORSI D'ACQUA

Ed io sono sempre seduta in riva al fiume.
E, stranamente paziente, attendo.

SULLA COMUNICAZIONE

Una comunicazione, per essere efficace, deve necessariamente essere chiara. Facciamo salvo il principio base della comunicazione, per cui da un emittente parte un messaggio, che viene veicolato attraverso svariati mezzi, ad un ricevente, il quale deve possedere gli strumenti di decodifica corretti. Proprio questi strumenti si rivelano uno dei limiti alla comprensione. Limiti costituiti non soltanto da una deficienza interpretativa generata da assunti di natura diversa, quali il livello culturale, le esperienze vissute nella quotidianità, quindi il contesto sociopsicologico di riferimento, ma anche e soprattutto la scarsa apertura all'accoglimento, di quel diverso occhio sul mondo costituito dall'alterità, la quale sovente viene vista come non sé e quindi priva di natura empatica.

La questione quindi, o quantomeno una delle molteplici pliche che la costituiscono, è l’interdizione del ricevente volontaria ed autogenerata. Semplicemente l’interlocutore non non può, ma non vuole intendere.

I tecnici della comunicazione, nell'evoluzione della stessa, hanno impiegato un notevole impegno di energie nella ricerca di un linguaggio efficace, che negli ultimi tempi ha assunto anche sfaccettature pervasive, frutto di manipolazioni che trovano terreno fertile in sentimenti di inadeguatezza indotti, al fine di potere meglio ingenerare e gestire bisogni e necessità, paradossalmente tanto vacui quanto

COMMISSARIO

Questa notte ho fatto un sogno.

Credo stessi uscendo da una galleria, ma non ricordo se fossi in macchina o a piedi. Non so bene neanche per quale motivo mi sia dovuta fermare. Diverse macchine della polizia stradale, ferme.

Ferma anche io. Mi muovo tra di esse, ancora parzialmente sotto questa galleria.

La luce passa attraverso la struttura portante del tunnel. Al di fuori un paesaggio che poteva essere quasi collinare. Toscana, forse. Colori dominanti: verde chiaro delle colline, grigio scuro della galleria, bianco del cielo. Azzurro delle pattuglie. Cammino tra le macchine perché non posso fermarmi, ho da fare, devo andare via. Tanto non è successo nulla di grave, posso andare. Sono di fretta.

Fino all'incrocio con il suo sguardo: poche persone, forse nessuno, mi ha mai guardata così.
Si presenta, mi dice il suo nome (che ora non ricordo). Nome e cognome. È un commissario di polizia. Sui quarantanni. O forse poco più. Mi guarda attraversandomi l’anima. Un sorriso un po’ più che accennato, uno sguardo che sarebbe stato in grado di incollarmi all'asfalto. O a lui. Uso il condizionale, perché io non potevo assolutamente fermarmi. Tutto si è svolto in pochissimi secondi. Mi ha detto dove fosse il suo ufficio. Chiedendomi tra le righe di andare da lui. Non poteva sbilanciarsi: due perfetti sconosciuti. E non aveva neanche espedienti per poterci rivedere: non era forse successo veramente nulla, ci siamo incontrati sotto quella galleria per colpa del caso. E io dovevo assolutamente andare. Ironico, beffardo e puntuale pretestuoso incrocio di destini.

Quando ha capito che non potevo restare e neanche andare da lui mi ha detto: “Allora ti verrò a cercare io”.

Bene. Io ti sto ancora aspettando.

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Postilla del 30-07-2019: sto ancora aspettandoti.

INTERMEZZO, Parte VII

Per gli squilibrati io non ho una banale calamita. Quella può averla chiunque. Io ho un radar dei più sofisticati. 
Ore 23.00 esco dalla stazione e nel parcheggio c’è uno che chiede informazioni. Dopo una serie di dinieghi incontra quella buona samaritana della sottoscritta che si mette sovente nei panni altrui, e che se sa, fornisce informazioni. E fin qui, direi abbastanza ordinario. È il genere di richiesta che risulta un po’ singolare: vuole sapere che orari faccia l’ufficio anagrafe. 
Concediamo la circostanza di uno che è venuto ad abitare qui da poco, che finisce tardi di lavorare e che chiede a chi incontra. Ma la motivazione è ancora più particolare: ha un figlio che deve, giustamente, registrare. Peccato che la creatura abbia ormai quattro mesi. So tutte queste cose, e molte altre ancora, perché, morale, abbiamo fatto un pezzo di strada assieme, durante il quale mi ha raccontato praticamente la sua vita. Incluso il nome del piccolo, che in un ironico scherzo del destino portava il nome dell'Innominabile
Ogni tanto mi chiedevo se mi stesse prendendo per il culo.
Ma forse quel che è peggio, è che stava parlando seriamente.

DISTILLATO ESSENZIALE

Talune cose, come questa sensazione, andrebbero trasformate alchemicamente e morfologicamente in segni. Meglio ancora sarebbe incollarle come oggetti a questa pagina, con un collante emotivo di trama filamentosa. E avere la libertà di attingerne.
Perché le emozioni sono semplicemente immortali; estensione del concetto del sentimento tragico dell’esistenza, ossia di perpetuazione, alla sfera emozionale.
Dell’eternità delle emozioni: superano le contingenze e le trascendono. Può cambiare il sentimento e la disposizione nei confronti degli oggetti, ma la relazione consistente tra l’emozione e i soggetti resta immutata e immutevole nei secoli. Ed oltre. Qualunque essa sia. 

Di che colore sono le emozioni? Di che sostanza sono costituite? 
Sono della stessa materia di chi le genera vivendole.
Energia sublimata in essenza. Sono spinta e linfa vitale, penetrano nel cuore delle creature. Sintesi chimica adrenalinica cerebrale, che diviene veicolo di energia ed energia stessa.

MARYLIN, Parte II

Le magie non funzionano semplicemente perché gli uomini sono tali.
Se funzionassero, dati gli interlocutori, non sarebbero magie, bensì miracoli.

MARYLIN, Parte I

Sentivo un rimestare negli abissi della conscienza, accompagnato dal fruscio di battito di ali, prive di pesi diacronicamente con il tuo limite corporeo viaggiavano, trascendendo la contingenza per schiudere a labirinti ad incastro su paralleli universi ed umane passioni.

POSTO FINESTRINO, Parte IV

Descrizioni più plastiche e fervide necessitano di emergere. Partorite alla luce neon di questo treno, che per sua costituzione è vagamente asettica. Vagamente, perché qualsiasi altra connotazione in un verso o nell'altro la definirebbe meglio, e quindi perderebbe l’indifferenza sorda che la contraddistingue e ne fa il suo tratto distintivo.

Martedì sera. Aprile credo. Duemilaesette ne sono certa.
Forse la prima volta che una data compare su questo, non ho ancora capito come definirlo, riflessario. Un palcoscenico per l’anima e le sue vertenze. Stazione di Porta Garibaldi: su un treno per tornare a casa. Musica elettrominimal berlinese a tuono nelle orecchie; una forte imperlazione effervescente primaverile riveste le mie cellule. O come direbbe mio fratello, ho un odore selvatico. Alla mia destra

POSTO FINESTRINO, Parte III

Resta comunque la questione irrisolta, e forse per questo così profonda o quantomeno così sentita, del perché non sia stato.

Certe cose non iniziano, solamente perché non devono.

L’esperienza insegna: so quanto c’è da dare e quanto c’è da prendere. Ma fortunatamente cado in evidenti contraddizioni proprio perché sono un essere umano. Non posso negare che la terra non ha tremato: ma solo perché ci ero così saldamente ancorata per non volerne percepire la scossa. So che invero ha oscillato eccome. Il cuore batteva. L’ho sentito. L’ho sentito quando me lo sono trovata di fronte, anche se il suo arrivo mi era stato preannunciato. Una mano nello sterno l’hai infilata. Non ci hai strappato fuori nulla, per ora. Ma almeno sei entrato.

POSTO FINESTRINO, Parte II

Rieccoci su questo veicolo catartico che pare essere il treno. Un veicolo dall’inconscio al conscio. No, questa è l’ennesima cazzata: talune cose conscie lo sono sempre state, ora hai avuto il coraggio di ammetterle a te stessa, che poi è la cosa più difficile. Grazie ancora a lui. Ma quante cose ti sta permettendo di comprendere. Ammissioni talmente difficili che non hai quasi nemmeno il coraggio di scriverle. [Perché questa sera hanno tutti su gli occhiali da sole? È il 30 gennaio e seono le otto meno venti di sera. Giusto per contestualizzare.] Ammettere che ne ha un po’ pieni i coglioni di stare da sola: sette anni di duelli in solitaria. Che fatica ammettere tutto questo. Potrebbe anche incrinare il tuo scudo: e sai bene che una fessura nella corazza potrebbe anche sgretolare tutta l’armatura.

POSTO FINESTRINO, Parte I

Perché una notte riesce a smuovere più di quanto alcune persone riescono a concepire, e a fare, in un’intera esistenza.

Il vero problema non è tanto la morte, quanto la vita.

È di un’evidenza imbarazzante, ma ti piace, forse inconsciamente, quasi a livello di godimento, fracellartici la testa. E quanto copiosamente gocciola il sangue in terra: vuoi proprio lasciare scia e segno. È altresì innegabile e palpabile il marchio a fuoco che talune notti riescono ad imprimere nella tua anima: dei veri e propri solchi. Perché a te non frega un cazzo della tranquillità: quasi ti fa schifo. Azzarderei addirittura che ti terrorizza. La serenità preferisci lasciarla ad altri, a quelli che vengono definiti esseri umani.

INTERMEZZO

Tu che la pazienza non immagini nemmeno che forma possa avere, figuriamoci se ne conosci la sostanza.

ME VOI

Ti ho sognato Luca questa notte. Da quel prima sommesso ricordo, solo un’aura rimastami adesa indosso, è poi emersa una definizione quasi tridimensionale. È stato meraviglioso poterti riabbracciare. Il calore e la consistenza del tuo corpo. Hai aperto le braccia, facendomi cenno di venire a te. Ed è anche il contatto con la tua carne, che mi manca. Mai ci avrei pensato, perché l’ipotesi non era nemmeno lontanamente contemplabile. In un abbraccio sentito, ho potuto schiudermi a te, che mi stavi venendo incontro. Splendido poterti stringere.

Dato che nel sogno eravamo nudi, ho potuto prendere atto del bel fisico che celavi sotto quei cazzo di vestiti che non hai mai voluto toglierti davanti a me. O meglio, con me. Anche se discinti, in questo viaggio onirico, non c’è stato contatto sessuale. Del resto come nella realtà. Sarai sempre con me, a fianco al due di picche secco che mi mollasti una sera.

Ci scherzo, ma lo sai: serve ad ammorbidire la tua dipartita.
È stato stupendo, poterti toccare nuovamente. Ciao Luca.

ZITA E ZITO

Non è facile, cercare di descrivere ciò che ho provato oggi. E che da sempre ho provato con te R.. Mi chiedo quanto il nostro rapporto sia la proiezione di due borders narcotizzati, assuefatti ed eccitati dalla loro stessa neurochimica deviata e deviante. Assuefatti al fine di ricercare emozioni sempre più forti, alla stregua di quelle che siamo in grado di donare l’uno all'altro. Di un tempo e di uno spazio che non hanno mai costituito un problema all'interno della nostra relazione: abbiamo lasciato l’altro libero di costruirsi una vita da condividere. Agli occhi dei più inconcepibile, ai nostri un semplice assunto incontrovertibile.
Ma si può descrivere un emozione dalle tinte così profonde da sembrare lava che scorre nelle viscere della terra? Un’emozione che sembra appartenerti da secoli? Spariamo dalle reciproche esistenze per mesi: pur sapendo esattamente cosa l’altro sta facendo. Senza gelosia di sorta: atteggiamento di chi sa che nessuno può portarti via ciò che ti è stato predestinato. A parte la tua perché sei siciliano. E quando ci incontriamo nuovamente è come se fossero passati appena un paio di giorni.

Non mi spaventa la sicurezza e la convinzione, vere oltretutto, che ostenti dicendomi che sono la tua sposa promessa e che nulla può dividerci; che mi piaccia o meno.
Mi spaventa solo il fatto che tu possa avere ragione.

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A ignoto X

Mi chiedo, quale meraviglia, e al contempo terrore, sia essere in mezzo all'oceano nel cuore della notte. Buio pesto. La forza dell'universo sopra e quella della terra sotto di te. Acqua a perdita d'occhio. Acqua nera, cosmogonica. Terreno fertile per germogli Zen. Quale meravigliosa esperienza hai avuto la fortuna di poter vivere. L'hai voluta veramente, ed è arrivata. Splendido.

So dell'acqua: mi rigenero con essa, ed io quello sono. So del fuoco: tormenta le mie viscere e brucia la mia anima. La notte, mi sveglio in un lago di sudore. Madida. Incredibilmente viva e pulsante. Una notte ho sentito il mio stesso ardore: così vicino al volto da sentirmi scottare. Sublimato per sortilegio in energia e passione. Sono felicissima di sapere che stai bene. Un abbraccio serrato.

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A ignoto X

Dolcezza, come vedi, le mie riflessioni continuano: talvolta, risucchiata letteralmente nei miei pensieri, mi sembra quasi di non stare vivendo. Di non stare godendo di quello che ho. Che a quanto pare, sembra non essere poco. Talvolta vivo con il peso della consapevolezza di potenzialità inespresse. Talvolta riemergo da questo baratro che sembra non avere fine e sembra avere pareti così sdrucciolevoli. Tutto cambia, tutto al contempo mi sembra resti immobile. Non so dove possa essere la soluzione. Cerco instancabilmente la luce. Ci sono tante cose che mi turbano. È un saliscendi continuo, in bilico tra equilibri assolutamente precari.

Continuo con i miei studi e le mie ricerche a cui fortunatamente si aggiunge sporadicamente qualche lavoretto extra.

A dispetto della mia solita visione aberrata, credo vada tutto molto bene.

Ma questo segno di terra, con un’anima d’aria, non può che essere tormentato. Forse per questa ragione, per questa tensione di forze antitetiche, così esacerbato ed effervescente.

Forse l’approccio dovrebbe essere semplicemente un po’ Zen. Tutto accade. E se non accade ora, è perché qualcosa di meglio ti sta aspettando. Non è rassegnazione o contemplazione. Sono le vicende che parlano da sé.

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A ignoto A.

A.!

Pochissimo tempo per scriverti due righe, dato che, come al solito, è da mo' che voglio farlo, e che, come al solito, il tempo mi scivola di mano.

News: molte a livello di evoluzione personale; l'eviscerazione, come ben sai, dona frutti maturi e zuccherini. Meditazioni decisamente spontanee che mi trasportano al fianco di persone conosciute e non. Fiori di Bach che smuovono, lasciano andare e sciolgono la pietra. In più, ho iniziato a studiare la chiromanzia, divinazione per cui da quando ho memoria ho sempre provato innato interesse. Oltre ad una semplicità di assimilazione disarmante. A questo ho aggiunto anche lo studio approfondito della retorica e del sofismo. Nel frattempo ho letto anche di reincarnazione, di linguaggio del corpo in

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A ignoto A.

A., temo di starmi già rompendo i coglioni. Lavorativamente parlando intendo. Anche questa cosa dovrò affrontare, preferibilmente prima dell'età pensionabile. Di certo c'è che non puoi aspettare la svolta, e nel frattempo cuocere cotechini: non facendo Onassis di cognome, la cosa risulta un po' improponibile. Poi, se vogliamo applicare le conoscenze e le consapevolezze acquisite, bisognerebbe contemplare anche tutte queste cazzo di marchette, sapendo che ti condurranno verso ciò che vuoi. Ciò che vuoi che arriverà, facendo tremare la terra con scosse sismiche abissali. Certo, è presto: è passata appena una settimana. Lo so, sto imparando, non voglio avere fretta. Anche se la cosa mi da molto fastidio. Il non avere fretta intendo.

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A ignoto A.

A.. Duemilasei, periodo di cambiamenti quasi epocali. Di quelli che forse, non realizzi immediatamente, tanto vasta ne è la portata. Ciononostante con una perenne insoddisfazione di fondo: logorante. Talvolta sopita da un rientro alla realtà come protezione della specie.

Fine settembre: vado in vacanza a Santo Domingo con mia sorella, e scopro sensazioni mai provate, consapevolezze che per incanto si trasformano in energia e ridanno linfa vitale a quanto massacrato per anni. Riprendo vita. Riprendo forma. Riprendo sostanza. Fiorisco. La terra si rivela fertile. Fertilissima. Svolta. La svolta.

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A ignoto T.

T., credo che nulla succeda per caso. Sempre con il senno di poi, si ricompongono tasselli che all'inizio sembrano sconnessi. Fa tutto parte di un disegno preciso; l'abilità che cresce con il tempo e con l'osservazione, dovrebbe portare a decodificarne il significato prima che il quadro sia completo. Così da avanzare più velocemente.

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A ignoto A.

A. carissimo, ho un’altra news: vuoi ridere?

Sono disoccupata. L'agenzia stava fallendo e hanno deciso di lasciarmi a casa. Un bel fendente nel centro della schiena, generosamente elargito da tre marchettare incapaci di gestire l’agenzia che avevano aperto, poiché la vera propensione è verso il meretricio. Predisposizione d’animo che andrebbe assecondata, ma gratuitamente, vista la presenza insignificante se non addirittura tediante. Colpo attuttito questa volta, dal mio kimono d'oro che striscia fino ai piedi, e dalle mille pietre turchesi e violacee che ricoprono il mio corpo e le mie vesti. Ho iniziato a fare meditazione. Mi sono ritrovata vicino ad un fuoco in riva ad un lago, sotto una luna bianchissima. E la notte, sono venuti a trovarmi parenti che da tanto non vedevo. Abbiamo anche scherzato, mi hanno chiamato la "mulatta" (ci può stare: frutto dell'incrocio tra una triestina ed un salernitano).

Nel frattempo spedisco CV a nastro.

E cerco di non incazzarmi.

Non è facile, proprio per un cazzo.

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A Isadora

Ciao I.!

Ferie finite, pare. Anche se non sono, purtroppo, andata via, sono riuscita almeno a dedicare del tempo a me stessa. Almeno all'apparenza. Cercando di fare spazio mentalmente, senza l'incedere inclemente del solito vortice di pensieri che turba la mia esistenza. Che poi, forse, sono la mia forza creativa. O forse anche no. Sta di fatto che così è, quantomeno per ora.

Quindi spazio per andare a prendere il sole, per girare in bici, per vedere gli amici, per fare tardi la sera, per leggere, per fare tutto fuorché stare ferma a fare nulla, cosa che potrebbe portarmi alla follia in un tempo decisamente irrisorio.

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A Gloria

G. carissima.

Mi piace. Mi piace mettere sudore, sangue e passione in quello che faccio. Mi piace che abbiano riconosciuto un talento ed abbiano avuto il coraggio di accoglierlo. Mi piace che il tempo si ferma mentre faccio uno scatto fotografico e che in quel momento ci siamo solo io, la macchina e l'anima di quello che sto fotografando. Mi piace che il sabato notte, anziché andare a ballare, sono davanti al Mac a dare vita ad un nuovo marchio. Mi piace che alle tre di notte lo guardo, è splendido, ma non è ancora perfetto. Mi piace che il giorno dopo, aggiungendo un dettaglio raggiunge la perfezione e con il colore inizia a respirare. Mi piace sentire l'energia fluire dal mio corpo, in una sinergia splendida

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A Davide

D. carissimo, la tua è una domanda che vale un'intera esistenza.
Mi chiedi che cosa mi faccia prendere il volo.

Tutto e niente. Da vergine maledetta è estremamente difficile staccare i piedi da questa terra, dall'obiettività che devo cercare di mantenere al fine di avere sotto controllo tutte le variabili in gioco. Infinite. E che si traduce in un gioco al massacro di deprivazione. Ma poi, perché c'è sempre un ma, sopraggiunge di prepotenza l'istinto di sopravvivenza che mi prende e mi sradica da quel terreno a cui, mio malgrado, mi sono volontariamente ancorata.

Non lo chiamo volo. Sento come un calore che parte dal plesso solare e si irradia lungo le braccia. E arriva quando mi rendo conto di tutto quello che io sono. Quando consegno un lavoro e ho i complimenti del cliente. Quando quello che mostro ad un colloquio brilla fino ad illuminare il volto

EPISTOLARIO METROPOLITANO - A Rita

Meravigliosa Donna, le maschere ci obbligano ad indossarle. E paradossalmente quando le togliamo, siamo più esposti sì, ma anche a chi merita. Perchè chi è degno è così speciale da leggere oltre e comprendere con altri occhi. Heiddeger, diceva che "Non c'è nulla di più profondo di ciò che appare in superficie". Ma, nostro malgrado, restiamo sempre esseri umani, quindi con mille paure che offuscano la visione.
Sono sicura, troverai quello che stai cercando: ma solo quando l'avrai ammesso a te stessa. E sai che questo è il passo più difficile. Ci sono tante strade per arrivare all'incontro: tu hai scelto l'unica che

POSTMODERN ANGELS

Mutazioni profonde, quotidiane e visceriche imperlano come gocce di sudore, gli animi più attenti alle proprie consapevolezze: contrapposizioni reazionarie ad un contesto socioeconomico imposto che vuole obbligare gli individui ad aderire a retaggi culturali come brandelli di maglie da pesca oramai consunte dall'impietosità delle forze primigenie. Sono quelle a cui si sta ponendo ascolto. Le identità si dissolvono: il fine ultimo l’ascolto e la coesistenza delle proprie polarità creative e creatrici; ultima meta una trascendenza che tutto comprende, in ogni sua manifestazione implicita ed esplicita. Scosse come trasmutazioni genetiche e animiche. E così ci si sveste di sterili identità imposte e non vissute, in un simultaneo incedere della riscoperta personale, grazie all'abbandono di opachi e plumbei fardelli non propri.
Un angelo postmoderno fedele alla sua vera essenza, vede la stessa sublimare e rifiorire dal suo derma: con una voracità bulimica lacerante, l’ha strappata alla sua origine; e pazientemente, nelle sue stesse pliche, ha disegnato la sua nuova identità.

DELL'EVOLUZIONE

Il corpo come identità e veicolo di espressione di stati, inquietudini ed equilibri precari personali. Un’energia psichica che da sottopelle si trasforma e distilla fino alla sua emersione alla luce.
Un processo doloroso, che può avvenire soltanto tramite la consapevolezza, che per definizione è travagliata. Sangue che da ferita diviene forza vitale, che sgorga dai visceri. Che a loro volta riportano alle ferite dell’anima. Un’anima che lancia un grido tanto muto quanto straziato e straziante. Un’anima che si annulla, cha fa tabula rasa, che cerca di fare spazio esplicando, distendendo, lisciando ogni recesso, ogni plica, ogni piega.
Al fine di potere rinascere.
Non semplicemente pura.
Più evoluta.

HOT PERFECTIONISM

La tensione al perfezionismo, in tutte le sue molteplici sfaccettature, è ambivalente: foriera tanto di creatività, quanto di autodistruzione.
Feconda, nella sua efflorescenza; sterile, nella sua negazione del godimento.
È di questo paradosso, in un equilibrio assolutamente precario, che ci nutriamo.

INTERMEZZO

Quando mi ha lanciato una lattina di birra da prendere al volo mentre ero in acqua, ho pensato che avrei potuto anche sposarlo. Oltre che per la circonferenza di un suo bicipite, che corrispondeva a quella di un mio femorale.

DISSIDENZA, Lettere Morali - Terzo Promemoria

Vivi.
Come stai imparando a fare.
Le riflessioni, come hai potuto vedere, scaturiranno comunque da sole: è il concetto espanso di trascendenza ed il vero superamento tanto agognato.
È un altro passo. Un’altra svolta. E soprattutto vivila per quello che è: qui ed ora.
Dato che di anni ne sono passati parecchi, gli assunti si sono trasformati radicalmente ed i bisogni anche.
Lascia che sia. Non cercare di convincere nessuno. Non ce ne è bisogno.
Saranno i fatti a prendere la parola, a patto che sia tu a lasciargliela.
La storia va assimilata. E tu hai tutti gli strumenti per farlo.
E per cambiarne il corso.

DISSIDENZA, Lettere Morali - Secondo Promemoria

Non ci si deve relazionare a tutti alla stregua di come a noi si sono relazionati.
La realtà è dinamica ed elastica: lascia che giochi al meglio tutte le sue carte per fare breccia in te.
Tu sii te stessa. È sufficiente. Hai molto da dare ed altrettanto da ricevere.
Ricorda che deve essere uno scambio, non una colonizzazione.
E nemmeno una resa incondizionata.
Ora che hai com-preso, puoi agire differentemente.

DISSIDENZA, Lettere Morali - Primo Promemoria

Di questo tuo timore di non essere amata.
Che nasce dalla necessità di conferma. Nasce da solchi e segni scavati nel tuo percorso.
Una volta compresi sono superati, poiché com-presi, quindi vissuti.
Nasce da errori che non sono tuoi e di cui è ora di disfarsi.
Sciogliere e dissolvere questo peso gravoso.
Nasce dall'umanità imperfetta e per questo così paradossalmente perfetta.
Nasce da contingenze che hai scelto a priori.
Ma non ho ancora nozione se sapevi per che strade ti avrebbero portato.

Sapevi solo con quali strumenti saresti partita.

DELLE EMOZIONI E DEGLI AMANTI

Le emozioni forti comportano dissidio e dissidenza, perché schiudono prospettive e desideri di ogni sorta e molto più ampi, che prescindono anche e decisamente ciò che le genera. Forse perché ci si rende conto di quanto in realtà si vorrebbe, e non solo dall'amante in questione. È singolare la capacità fecondatrice di queste. Talvolta, le persone che si incontrano, sono un validissimo pretesto che ci permette di capire quanto in realtà vorremmo, e potremmo, avere in generale dalla nostra esistenza. Perché ci fanno da lente di ingrandimento, ci privano delle nostre armature, sgretolandole con una semplicità disarmante, che è costituita da un linguaggio che per una volta siamo in grado di

DELLA DILETTA LACERAZIONE

Non posso, veramente, fare a meno di chiedermi ciò che sarebbe potuto essere. Non posso fare a meno di ricordare, ed avere bene presente, che nel duemilaedue, hai fatto una scelta. Impunito, mi chiami oggi pomeriggio, per rendermi noto che nei prossimi giorni sarai qui. Evidenziando la mia invadenza, permanenza e pervasività tra i tuoi pensieri; e dando ulteriore spessore all'affinità dalle vestigia tattili che ci unisce. Sfrontato, mi dici che sono la tua donna ideale. “Tua” risulta eccessivo e incontemplabile. Il resto dell’affermazione la condivido, e questo è terribile. Ma forse, lo è ancor di più per te. Probabilmente la nostra vera perversione sta nel continuare a cercarsi e nel volersi, quasi

INCUBI DI PECE

Dei miei demoni più profondi e viscerici. Dei miei turbamenti, di tutti gli scheletri che lasciano sporgere una falange dalle ante degli armadi. Celando nell’oscurità di pliche arcaiche il resto delle loro fattezze. Delle mie ossessioni, ferite arse dalla veloce copiosità dei fiumi di sangue versati. Dei miei respiri anossici soffocati, di palmi sulla bocca e dita pressanti contro il setto, e ferree strette di molteplici mani immobilizzanti attorno ai miei polsi. Notti inquiete di voci, di pesantezza di corpi e di tocchi. Di cimiteri decromatizzati alla luce plumbea e opprimente di un anonimo pomeriggio deprivato della sua scansione temporale, in cui camminavo a fatica, affondando i miei piedi in percorsi tra pietrisco e rallentando il passo in un’unica pozza di sangue color ciliegia profonda una